Cultura e Spettacoli

Mostri, assassini, fantasmi e fachiri Ma che fantastica «Domenica»!

Una volta si usava il termine «paraletteratura» - qualcosa che sta accanto alla letteratura ma evidentemente letteratura non è - per indicare in senso spregiativo quella narrativa alla quale poi ci si è man mano riferiti come «di consumo», «di massa», «popolare» e infine «di genere»: dal poliziesco all’avventura, dal fantastico al fantascientifico...
Nei loro confronti i nostri critici letterari hanno un atteggiamento schizofrenico: da un lato ne hanno cercato esempi nella letteratura «alta», il cosiddetto mainstream, a partire dalla Scapigliatura, dall’altro lamentano la mancanza di un «artigianato letterario» che avrebbe impedito lo sviluppo della «paraletteratura» fiorente invece in altre nazioni europee e soprattutto negli Usa.
In realtà - come abbiamo sempre sostenuto - è sufficiente sfogliare le riviste «popolari» tra fine ’800 e metà ’900 per imbattersi in innumerevoli esempi di «artigianato letterario», riguardanti tutti i «generi» sopra citati, per fa capire che la differenza fra Italia e altre nazioni è dovuta esclusivamente a una diversa storia dell’editoria. Come ora dimostra il lavoro di Fabrizio Foni Piccoli mostri crescono. Nero, fantastico e bizzarrie varie nella prima annata de «La Domenica del Corriere» (1899) (Perdisa, pagg. 250, euro 16) che amplia e conferma la mia tesi, dimostrando come grazie al genio di Luigi Albertini apparve in Italia una rivista che si occupava di tutti lati «romanzeschi» della realtà e che giustamente Foni definisce di volta in volta «una inesauribile fabbrica dei sogni», «un apparato per sognare» sia sotto forma di articoli e notizie che di racconti e romanzi.
Così l’Italietta umbertina scopriva il lato «altro» del mondo prima raccontato quasi solo in periodici specializzati (quelli dedicati ai viaggi ad esempio) e non in una rivista «per le famiglie»: mostri marini, catastrofi, usanze tribali, meraviglie della scienza, spiritismo e metapsichica, delitti efferati, fachiri e cannibali, fatti semplicemente bizzarri e curiosi... Complici, ovviamente, le spettacolose copertine di Achille Beltrame, fonti di suggestioni ancora maggiori.
Fabrizio Foni esamina tutti questi filoni della rivista, capitolo per capitolo. Per capire la “filosofia” de La Domenica ecco una risposta nella «Piccola posta» di quella prima annata: «Il lettore è ristucco del solito terzetto amoroso e preferisce quelle curiosità, quelle stravaganze che molte volte sono la verità del dimani». Tutto un programma, che se era valido ieri figuriamoci dopo cento anni e più!
A La Domenica interessava la patologia della realtà e per far ciò non poteva occuparsi della normalità: ecco quindi la predilezione per l’abnorme, il diverso, l’orrido, il curioso.

E quando non lo era a sufficienza, i redattori davano un aiutino, come si suol dire: «La realtà ha sempre bisogno di un piccolo aiuto, di qualche dettaglio in aggiunta che la renda più romanzesca».

Commenti