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Non vuol vestirsi da bimba: bandito da scuola

Il padre chiede lumi sul gioco gender imposto all'asilo, depennano il figlio

Non vuol vestirsi da bimba: bandito da scuola

Vestire i maschietti di rosa e le femminucce d'azzurro, raccontare loro che come in famiglia si può essere «multicolori», così si può anche avere «due mamme e due papà», ed è «una cosa normale». Infine, insegnare le differenze tra uomo e donna, perché conoscere il diverso è il primo passo per scongiurare la discriminazione. A distanza di pochi mesi dall'introduzione del «Gioco del Rispetto» in decine di scuole dell'infanzia del Friuli Venezia Giulia, i genitori sono infuriati e lo scontro finisce con un bambino depennato da un asilo perché il papà è troppo apprensivo e pretende di sapere nel dettaglio il programma formativo per evitare di ritrovarsi durante il nuovo anno scolastico di fronte all'ennesimo «gioco di genere». In verità, mamme e papà non avevano mai creduto alle rassicurazioni dispensate dal comune di Trieste e dal ministero dell'Istruzione, che avevano dipinto il progetto come l'avanguardia della prevenzione al bullismo. Per loro, l'iniziativa aveva il chiaro intento di aprire le porte degli istituti alla «rivoluzione gender». Così sono riuniti in comitati per il no, si sono ribattezzati paladini dell'anti-gender, e armati di striscioni una settimana fa sono andati a protestare in consiglio regionale per riprendersi il «diritto di educare i nostri figli». Un braccio di ferro che va avanti dalla scorsa primavera, quando il Gioco del Rispetto viene introdotto per la prima volta all'asilo Cuccioli di Trieste. E quando un papà, Amedeo Rossetti, la mattina del debutto ritira il bambino in polemica con la scuola, accusata di non avere informato le famiglie. Sbircia le linee guida, capisce di che si tratta e decide di non dare il consenso all'attività, invocando un percorso alternativo. A settembre, però, quando iscrive il figlio al nuovo anno, il contrasto si riapre. Perché questa volta Rossetti pretende garanzie, e prima di mandare il figlioletto a scuola attende di leggere il piano dell'offerta formativa. Il documento, però, arriva solo a fine ottobre, ad anno già iniziato. Papà Rossetti nota che nel programma il giochino incriminato non compare, ma in compenso prevede attività didattiche contro «pregiudizi e stereotipi», a tutela della «pluralità delle culture familiari», e di educazione alle «diversità». Non si fida, chiede chiarimenti che, sostiene, non arriveranno, se non con risposte elusive e senza fugare il timore di «nuove sorprese». Intanto tra i botta e risposta il tempo passa, a novembre il piccolo non è ancora in classe e l'asilo decide di depennare il piccolo, riferisce Rossetti, perché assente. L'episodio, dice, è solo la punta dell'iceberg della «drammatica situazione che stiamo vivendo nelle scuole». Con una lettera appello ora chiama a raccolta i genitori affinché tutti aprano gli occhi: «Le istituzioni stanno deliberatamente strappando alle famiglie il diritto di trasmettere ai figli i valori e l'educazione che questi ritengono migliore. Io mi sono opposto perché non consideravo quel progetto sano per mio figlio, con il risultato che è stato cancellato dalle liste della scuola».

Non è solo questo, è che «stanno togliendo ai giovani, dall'asilo nido alle superiori, le certezze e i riferimenti della loro personalità e della loro identità».

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