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Ma ridurre la velocità è persino dannoso

Il paradosso: l'aria 30 anni fa era dieci volte peggio

Ma ridurre la velocità è persino dannoso

Anche sul problema smog l'Italia si conferma il Paese delle eterne emergenze che si pensa di risolvere attraverso semplici annunci («si deve...», «dobbiamo fare...», «è necessario...» senza alcun seguito, provvedimenti a effetto (blocco del traffico, targhe alterne) che si rivelano puntualmente inutili, o decisioni dettate dall'urgenza di far vedere che in cabina di regia si è pensato a qualcosa (riduzione nelle aree urbane a 30 orari del limite di velocità) senza tener conto delle conseguenze sulla circolazione soprattutto sulle strade a maggiore percorrenza (rallentamenti, creazione di pericolosi imbuti, rischio di tamponamenti e nervi alle stelle: il caos).

Il tutto, ovviamente, con un occhio al portafoglio dell'automobilista, sempre prezioso per rimpinguare le casse comunali.Qualcosa di strutturale? Nemmeno l'ombra. Il ministro dell'Ambiente, Gianluca Galletti, che ieri ha incontrato i vertici degli Enti locali, ha ipotizzato un piano di rottamazione per i veicoli più inquinanti, che include anche le omologazioni Euro 3, insieme all'assurdo progetto «lumaca», tutti a 30 orari nelle cerchia urbana, che può risultare valido, per ragioni di sicurezza, solo in certe aree (centro storico, in prossimità di scuole o di passaggi pedonali). «I dati dimostrano che lo smog non si riduce bloccando le auto - concorda Angelo Sticchi Damiani, presidente dell'Aci - e tanto meno rallentandole. Abbassare il limite a 30 km/h in città e a 110 in autostrada, per motivi ambientali, è inutile se non addirittura dannoso».

L'Italia è il Paese europeo che vanta il parco auto più obsoleto (anzianità media di 10 anni), quindi da rinnovare anche perché pericoloso. Se un intervento con incentivi per lo svecchiamento deve essere fatto, è necessario che sia strutturale e non, come è accaduto in passato, di durata limitata, con la sola conseguenza di «drogare» il mercato. Il governo deve pensare a bonus fiscali sull'acquisto e contestuale rottamazione che vadano incontro alle esigenze delle famiglie. Dare addosso all'auto è ormai una consuetudine. Le quattro ruote sono diventate il capro espiatorio di tutti i problemi viabilistici e ambientali delle città, soprattutto se amministrate dalla sinistra. Pure strumentalizzazioni, essendo il settore quello più facile da colpire.

Quanto è avvenuto in questi giorni a Milano, però, rende giustizia alla mobilità a motore. A spiazzare il sindaco Giuliano Pisapia e l'assessore a Viabilità e Ambiente, Pierfrancesco Maran, quelli che parlavano in campagna elettorale di «aria più pulita», sono i dati sui livelli di polveri sottili (Pm10), che nonostante i tre giorni di stop al traffico sono cresciuti. La controprova che Area C, blocchi e azioni punitive a carico dell'auto, non servono a combattere lo smog. Risolutiva, per Pisapia e Maran, sarebbe invece una bella danza della pioggia.

Al di là che le motorizzazioni di ultima generazione hanno drasticamente tagliato le emissioni sia di anidride carbonica sia quelle inquinanti, è arcinoto che a originare il Pm10 sono soprattutto gli impianti di riscaldamento e produzione di calore (41%), ma sarebbe impopolare imporne lo spegnimento seppure per qualche ora, mentre il vituperato traffico è responsabile per il solo 17%.

Un rapporto sull'inquinamento, pubblicato da due ricercatori della Statale di Milano, afferma, inoltre, che 30 anni fa la qualità dell'aria era dieci volte peggio, che i mezzi privati incidono sullo smog solo per l'8% e che il Pm10 è diminuito.

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