Cultura e Spettacoli

Il «Distillato» di bestseller è indigesto

di Gianfranco de TurrisL'apparizione nelle edicole di una collana intitolata «Distillati» per le edizioni Centuria pone qualche problemino di non poco momento per chi si interessa di cultura nell'epoca della pervasività dei nuovi media e della ossessione, che essi trasmettono, per la velocità e la compendiosità. Uno slogan dice: «Distillati non riassunti», quindi non condensati come avveniva negli anni Quaranta e Cinquanta con il famoso o famigerato Reader's Digest, dove era questa la sorte di romanzi più o meno importanti da offrire ai non-lettori o ai meno abbienti, bensì in parole povere: tagliati. In fondo quando si distilla un alcol se ne ricava l'essenza migliore: ma sarà così anche per le opere letterarie? Sicché, lunghi o lunghissimi romanzi considerati «capolavori» sono letteralmente falcidiati di almeno due terzi, come si può constatare dai primi due a disposizione: Uomini che odiano le donne di Stieg Larsson passato da 600 a 240 pagine, e Venuto al mondo di Margaret Mazzantini da 540 a 200. Prezzo popolare a euro 3, il costo di due quotidiani assai meno dei 9, la cifra minore dei tascabili in edicola. Il primo fondamentale problema è il perché lo si fa; il secondo che senso ha farlo; il terzo chi fa una simile operazione in corpore vili. La prima risposta sembra ovvia: è lo spirito del tempo che lo impone. La scrittura si adegua all'elettronica dei «nativi digitali». Lo ha confermato Giulio Lattanzi, ideatore e responsabile del progetto, dicendo al Corriere: «L'idea di questa nuova iniziativa è rivolgersi a quella parte di pubblico che dice leggo meno o non leggo più perché non ho tempo Intendiamo condensare l bestseller nel tempo di un film o di una serie tv». Chiarissimo. Si rincorrono gli altri media e la pigrizia degli utenti. Si sta al passo coi tempi a discapito della scrittura. Però Che senso ha questa scelta di tagliare? Il curatore afferma che l'opera originale rimane inalterata in sé, non manca nulla dell'essenziale, ma vengono cassate «descrizioni, trame, scene e personaggi secondari» considerati evidentemente superflui. Insomma delle due l'una: o le 350 pagine tagliate a Larsson e le 250 tagliate alla Mazzantini erano inutili e quindi i due romanzi restano «capolavori» anche così; oppure queste pagine erano essenziali e senza di esse questi romanzi non lo sono più «capolavori» e si presentano adesso come una specie di sceneggiatura televisiva con i dialoghi fondamentali e i colpi di scena ineludibili. A questo punto poiché un altro slogan della collana è «Abbiamo ridotto le pagine non il piacere» l'operazione potrebbe allora dimostrare che gli autori sono in realtà dei logorroici amanti del superfluo, e quindi sopravvalutati nelle loro opere integrali. Infine, chi ha effettuato questa operazione semplificatrice per lettori impazienti di giungere alla conclusione? L'editore o l'autore stesso, o gli eredi o detentori dei diritti (Larsson è morto)? E l'autore vivente si deve supporre che abbia accettato e avallato la drastica riduzione di pagine. Se è stato d'accordo e considera l'operazione positiva perché non ci ha pensato sin dall'inizio invece di mollare al povero lettore 540 pagine invece di 200? E i critici che ne penseranno? Meglio il prolisso originale o l'essenziale distillato? In teoria i poveretti se hanno osannato l'originale non potranno approvare la versione ridotta.

Certo è che per continuare a vendere gli scrittori si adattano a tutto, anche di veder stuprate le loro opere più conclamate Segni dei tempi (culturali).

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