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Germania: “Per i migranti non c’è integrazione”

Parla Michael Roth, Ministro alle Politiche Europee. Che spiega come né la Germania né la Ue abbiano una strategia precisa per integrare i nuovi arrivati nelle rispettive nuove società. E aggiunge:” La gestione dei migranti crea lavoro”

Germania: “Per i migranti non c’è integrazione”

46 anni, socialdemocratico, ex studente di diritto pubblico e ricercatore universitario, Michael Roth è il Ministro alle Politiche Europee per la Germania, la persona che si occupa del ruolo della ruolo tedesco all’interno delle istituzioni comunitarie e dei rapporti tra il governo e i propri alleati del vecchio continente. Diventato Ministro nel 2013, da allora non ha più smesso di viaggiare, per creare legami e tessere rapporti europei che conducano alla realizzazione di “un’Europa che guardi agli interessi comunitari e non a quelli nazionali”. In Italia in questi giorni, Roth spiega a il Giornale che l’obiettivo del suo viaggio è quello di “rafforzare i nodi con chi vuole promuovere con noi l’Europa fondata sulla solidarietà. La Germania andrà avanti per la sua strada, che è una strada europea e non tedesca. Vogliamo che ad essa partecipino in prima fila anche l’Italia e la Francia, che possano essere con noi il cuore dell’Europa (Kerneuropa ndr), anche se non amo questo termine. Se così non sarà, noi andremo avanti comunque. Non ci sono alternative. I grandi problemi che affliggono tutti noi, come l’arrivo dei migranti, la crisi economica e sociali, la crescita dei populismi e l’emergenza sicurezza necessitano di una soluzione comune e congiunta. Per ottenerla i Paesi devono rinunciare ai propri piccoli interessi in nome della cooperazione e di una profonda solidarietà reciproca.”

Ministro Roth, Lei ha invitato l’Italia a sostenere la Germania nella creazione della nuova Europa di cui la cancelliera Merkel è la principale interprete. Le incomprensioni tra Roma e Berlino, però, non sono mancate, soprattutto nell’ultimo anno. Come pensa a convincere Renzi a darvi il suo sostegno?

L’Italia, come la Germania, non ha alternative. I grandi problemi che ci affliggono sono gli stessi e non può esserci soluzione a quelli italiani senza la soluzione di quelli tedeschi e vice versa, pertanto è nell’interesse di entrambi quello di procedere insieme verso un’Europa più solidale. Il governo italiano ha promosso riforme strutturali importanti che, anche se queste comportano una momentanea perdita di popolarità che anche noi socialdemocratici abbiamo subito in Germania, sono indispensabili per rilanciare il Paese sotto tutti i punti di vista. Ma non bastano. Prendiamo il problema migranti per esempio: l’Europa sta negoziando un accordo con la Turchia per la gestione dei flussi e se ciò andrà in porto a giovarne saranno sia i tedeschi che gli italiani. Per questo è necessario che l’Italia collabori e accetti il dialogo con il governo turco. Senza di esso non saremmo in grado di gestire il numero di arrivi e molti Paesi rialzerebbero le frontiere, che è il male peggiore perché minerebbe il progetto europeo nelle sue fondamenta.

Il dialogo tra Europa e Turchia e i 6 miliardi di aiuti concessi al governo turco sono dunque funzionali al salvataggio di Schengen. Non pensa che la Erdogan usi i migranti come merce di scambio e che così facendo possa ricattare tutta l’Europa?

Trovo che le critiche al dialogo con la Turchia siano stupide. Ne abbiamo bisogno e tutti i Paesi europei dovrebbero accettarlo. I soldi che abbiamo erogato al suo governo non finiscono nelle tasche di Erdogan, ma in progetti mirati alla gestione dei flussi, che tengono in considerazione le condizioni di chi migra. Dobbiamo poi riconoscere che la Turchia non tratta male i migranti, anche se potrebbe fare meglio. In ogni caso non abbiamo alternative. Abbiamo 3 milioni di migranti pronti a salpare per l’Europa e dobbiamo riconoscere che senza Erdogan non abbiamo possibilità di gestire i loro spostamenti. E dobbiamo riconoscergli che, fino ad oggi, ha saputo fare con i profughi ciò che noi europei non siamo stati in grado di fare.

Che cos’è mancato dunque all’Europa nella gestione dei flussi? E qual è la strategia che verrà adottata a livello comunitario per integrare chi sta per arrivare?

Non c’è un’unica strategia. Dobbiamo prendere il meglio dei processi di integrazione messi in atto dagli Stati nazionali e applicarlo. Possiamo guardare a certi aspetti dell’integrazione che avviene in Svezia, Danimarca e Finlandia per esempio, mandando degli osservatori europei in loco a osservare come ciò venga messo in atto. Noi in Germania possiamo mostrare il modo con cui stiamo traendo vantaggio dall’immigrazione. Abbiamo aperto 18 cooperative statali che si occupano dell’integrazione dei migranti e della loro redistribuzione su tutto il territorio nazionale. Abbiamo inaugurato centinaia di strutture che si occupano di loro che hanno creato un nuovo mercato e che danno lavoro a tantissime persone.

I Paesi mediterranei come Italia e Grecia mostrano però maggiori problemi sia nell’aprire strutture analoghe che nel gestirne l’amministrazione. In molti si sono lamentati del fatto che la Germania non ha mai destinato aiuti ai governi italiani e greci per gestire i migranti ma ha invece negoziato l’erogazione di 6 miliardi alla Turchia.

In realtà la Grecia ha ricevuto degli aiuti. Che però non sono sufficienti per risolvere la complessità del problema, soprattutto finché le condizioni economiche rimangono quelle che sono. Proprio ieri il Fondo Monetario Internazionale ci ha chiesto in ufficialmente di dimezzare il debito greco. Ne potremo parlare quando Atene avrà messo in atto le riforme strutturali contenute nel memorandum, soprattutto per quanto riguarda gli stipendi e le pensioni. Senza queste riforme e il conseguente risanamento delle condizioni economiche non possiamo pensare che la Grecia possa da sola gestire l’arrivo di milioni di persone. E per questo la stiamo già aiutando. Abbiamo concesso loro due milioni di aiuti per occuparsi dell’immigrazione.

Aiuti che vanno direttamente al governo? Non c’è il pericolo che anche in questo caso i migranti possano essere usati come merce di scambio per ottenere più soldi?

I soldi non vanno direttamente al governo, ma ad associazioni ad esso legate e a Ngos che si occupano dei migranti. E’però stato inevitabile concedere aiuti alle strutture governative preposte all’immigrazione, per il solo fatto che altrimenti non sarebbero in grado di acquistare il materiale necessario al riconoscimento di chi arriva, come gli strumenti per rilevare le impronte digitali per esempio.

Arriveranno aiuti anche all’Italia?

L’Italia riceve già aiuti europei. Il problema è la lunghissima burocrazia che li amministra. Sarebbe necessario snellire il sistema e rendere più veloce ed efficiente tutte le procedure. La Germania, per esempio, tenta di ridurre al minimo i processi burocratici.

Eppure le ultime elezioni hanno evidenziato una forte preoccupazione per non dire malcontento di ampie fette della popolazione rispetto alla questione migratoria. Come si spiega la crescita dei movimenti populisti di destra?

Abbiamo creduto di essere un’isola felice, ma le elezioni ci hanno mostrato che neanche noi siamo liberi dai populismi. Le tendenze nazionalistiche sono forti ovunque e portano alla disintegrazione. E’ un problema europeo e noi, in quanto europei, lo subiamo. Anche noi ci confrontiamo con tendenze nazionalistiche molto pericolose, perché portano alla disintegrazione e non all’integrazione europea. E un problema che riguarda soprattutto la Cdu, che non è riuscita a dare risposte al suo elettorato conservatore.

Alternative fuer Deutschland (AfD), però, ha vinto soprattutto in zone da decenni considerate come feudi socialdemocratici, spesso conquistando un elettorato tradizionalmente di sinistra.

E’ vero. Non dobbiamo dare l’impressione di essere rapidi ed efficienti con i migranti mentre ci dimentichiamo del nostro elettorato. La AfD ha ottenuto tanti voti dalle persone che si sentono abbandonate dal sistema e che prima chiedevano aiuto alla sinistra. Questo non vuol dire che dobbiamo utilizzare gli stesi metodi della destra per riconquistarli. Anche se la gente ha bisogno di parole semplici per essere convinta i problemi che fronteggiamo sono molto complessi, per questo dobbiamo mantenere le nostre posizioni e una linea ferma. Che alla fine ci premierà.

Ministro Roth, negli ultimi mesi sono spesso stato nei campi profughi che sono stati allestiti nelle periferie delle grandi città tedesche. Ho potuto vedere un’ottima organizzazione da parte delle persone preposte ma nessuna forma di inserimento sociale degli ospiti. Molti di loro, soprattutto ragazzi, hanno l’impressione che in Germania non esista alcuna identità, cosa di cui sono invece alla ricerca. Che identità ha la Germania da offrire a questi “nuovi tedeschi”? Che cosa può rappresentare per loro la “nuova patria”?

Quello dell’identità e dell’integrazione è un problema nazionale. La Germania può offrire a queste persone sicurezza e democrazia. Sta poi alle singole persone trovare individualmente la propria strada nella società. Sono spesso ragazzi che non sanno cosa ne sarà di loro, è una faccenda estremamente complessa.

Proprio perché non sanno cosa ne sarà di loro in molti dicono di essere alla ricerca proprio di un’identità…

Non c’è un’unica strategia di integrazione di queste persone o un unico modello da offrire. Ci sono tante soluzioni individuali. Se si impegnano e imparano la lingua possono trovare lavoro e avere un futuro. Si tratta però di percorsi individuali. Non offriamo loro un’unica identità da fare propria, ma un apparato burocratico funzionante all’interno di una società sicura e democratica.

@luca_steinmann1

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