Strage a Nizza

Nizza, se ora i francesi non vogliono Hollande

“Hollande demission” è l’urlo che squarcia il silenzio della Promenade, gridato da un gruppo di contestatori del Presidente della Repubblica francese quando giunge voce che stia arrivando in città per unirsi alle commemorazioni

Nizza, se ora i francesi non vogliono Hollande

Era il simbolo della Belle Epoque, dell’Art Nouveau, dell’eleganza francese, dei locali e dei negozi di una città che si affaccia sul mare. Da ora in avanti la Promenade des Anglais, la passeggiata sul lungomare di Nizza colpito dall’attacco, verrà invece ricordata anche come il centro di una guerra globale scoppiata sull’altra sponda del Mediterraneo, anche per mano francese, che oggi rimbalza in Europa con crescente intensità.

Il giorno dopo l’attentato che ha seminato morte e terrore Nizza si risveglia somigliando meno ad una città europea e maggiormente a luoghi che invece si trovano sull’altra sponda del Mediterraneo, quella araba. Luoghi come Beirut o Tartus, dilaniate negli ultimi decenni da una continua conflittualità, i cui abitanti si sono dovuti abituare alla violenza quotidiana e hanno imparato a conviverci con il sorriso. Il giorno dopo l’attacco a Nizza la vita scorre spensierata, come se nulla fosse accaduto. È alta stagione, i turisti sono tanti e da tutto il mondo, i negozi e i ristoranti sono pieni, le spiagge affollate.

Anche sulla Promenade sembra essere tutto tranquillo, la gente passeggia e si gode il paesaggio, i gruppi di amici si scattano dei selfie, le coppie camminano mano nella mano. Come se i numerosi attentati e le centinaia di morti che la Francia ha subito negli ultimi mesi ne avessero ormai abituato il popolo, che di fronte a tali barbarie non si scompone più di tanto e continua regolarmente la propria vita quotidiana.

Eppure questo non è un giorno normale per Nizza. A ricordarlo è la barriera di macchine della polizia che, all’altezza del Palais de le Mediterranèe, blocca la passeggiata sul lungomare. Nonostante i cadaveri siano stati già tutti portati all’obitorio dell’ospedale di Boulevard Pasteur, gli agenti stanno ancora indagando e non permettono ai passanti di transitare.

Le acque della baia adiacente, la bellissima Baia degli Angeli, sono solcati da numerose imbarcazioni militari che cercano eventuali ultimi cadaveri in mare. “Ieri sera molte persone si sono tuffate per evitare di essere investite dal camion” spiega Maryam Vialet, giornalista inglese che ha assistito alla strage. “Ero in un ristorante che mangiavo quando ho sentito una serie di esplosioni. Ho visto poi un camion bianco che sfrecciava tra le persone, le quali fuggivano dove potevano. Alcune si buttavano in acqua, altre si rifugiavano dentro i ristoranti. In quello dove ero io sono entrati in molti, alcuni erano feriti gravemente. Eppure nessuna autorità è venuta in loro soccorso per ore. Gli unici a prendersi cura dei feriti siamo stati noi che non lo eravamo e i nizzardi che vivono in questa zona, scesi per strada ad aiutarci. Quando due ore dopo sono arrivate le ambulanze alcuni dei feriti erano già morti”.

Maryam non è riuscita a chiedere occhio tutta la notte. Il giorno dopo è tornata sul luogo del delitto per metabolizzare quanto successo e insieme a lei ci sono tante altre persone che si riuniscono di fronte alla barriera della polizia: giornalisti e curiosi ma soprattutto tanti sopravvissuti, alcuni dei quali alla ricerca dei propri cari che la sera prima hanno perso durante la fuga. E che sanno essere sopravvissuti solo attraverso i social. Di fronte al posto di blocco si raduna una piccola folla, che pian piano diventa sempre più grande fino a diventare una massa silenziosa. C’è chi si abbraccia, chi silenziosamente piange, chi depone ai piedi di un albero un fiore, una candela, un oggetto, una lettera, una bandiera tricolore francese.

Tanti, tantissimi nizzardi abbandonano per un attimo la vita che intorno scorre quotidiana per concedersi un momento di silenzio sul luogo della strage. Alcuni portano da condividere della frutta, altri delle grandi bandiere francesi che vengono donate ai presenti, anche agli agenti di polizia. “Grazie, grazie per ieri” si sentono ripetere questi ultimi da diverse persone. “Non è colpa vostra, è colpa di chi vi ha reso così pochi” dice una anziana signora a un poliziotto stringendogli calorosamente la mano. Il riferimento è nei confronti degli ultimi due governi francesi, sia di destra che si sinistra: il primo, guidato da Nicolas Sarkozy, ha promosso un taglio drastico del numero degli agenti operativi nonostante la sua campagna elettorale fosse stata all’insegna della sicurezza. Il secondo, quello ancora in carica di Francois Hollande, aveva promesso che avrebbe invertito questa tendenza. Cosa che oggi gli viene rinfacciato non aver fatto.

Il silenzio e la compostezza delle persone non coprono le polemiche. Che, con tutta probabilità, divamperanno nei giorni successivi, quando il lutto sarà stato metabolizzato da un’opinione pubblica già piuttosto assuefatta. “Ieri notte non c’era quasi nessuna polizia per le strade” continua Maryam Vialet “e i soccorsi ci hanno messo delle ore per arrivare”. In molti si chiedono poi come sia stato possibile per un camion entrare in un’area pedonale e investire decine di persone senza che vi fosse alcun controllo.

Hollande demission” è l’urlo che squarcia il silenzio della Promenade, gridato da un gruppo di contestatori del Presidente della Repubblica francese quando giunge voce che stia arrivando in città per unirsi alle commemorazioni. “Con lui tutto è peggiorato” spiega uno dei contestatori “al posto di chiudere le frontiere con l’Italia le ha aperte e ora la situazione è ancora più fuori controllo di prima”.

Il tema dell’immigrazione è tra i più sentiti, soprattutto per quanto riguarda quella proveniente dai Paesi islamici. Nonostante la matrice jihadista dell’attentatore sia solo presunta, in tanti puntano già il dito contro il “clima che permette questi avvenimenti”. Questo clima, secondo i contestatori, sarebbe generato anche dalla permissività dei governi locali e nazionali nei confronti delle comunità musulmane. Quasi un quinto degli abitanti di Nizza è di religione islamica. Secondo i dati della Gendarmerie, inoltre, la città detiene il numero record di ragazzi partiti per la Siria a combattere tra le file del sedicente Stato islamico: ben 100 negli ultimi anni.

Un fatto, questo, che ben spiega il timore di ampie fette della popolazione per l’immigrazione, cosa che ha reso il Front National il primo partito alle ultime elezioni. Eppure gli stessi dati mostrano anche come il fenomeno dei “foreign fighters” sia fino ad ora stato staccato dai flussi migratori arrivati negli ultimi mesi: tutti i guerriglieri partiti erano infatti nati o cresciuti in Francia, senza che però il modello di assimilazione culturale proposto riuscisse a farli identificare nella nazione. Mettendo invece in dubbio l’efficacia dell’intero sistema assimilativo francese: fondato sulla subordinazione da parte dei migranti della propria religione, delle proprie tradizioni e delle proprie origini a favore dei valori della Repubblica. Con questa prospettiva l’integrazione si manifesterebbe come parità di trattamento degli individui di fronte ad uno Stato totalmente laico e neutrale, dovrebbe essere garantita.

Le tensioni etno-religiose che hanno investito il Paese negli ultimi decenni e gli attentati degli ultimi mesi hanno però portato ad una rivalutazione profonda di tale modello. Hollande ha addirittura proposto una legge che sancisca la possibilità della revoca della nazionalità a coloro che abbiano il doppio passaporto (quindi soprattutto immigrati di seconda generazione). La legge non è passata a causa dell’ostruzione dell’ala sinistra del Partito socialista, ma i sondaggi hanno mostrato che oltre l’80per cento dei francesi intervistati si dicesse favorevole.

La Francia di oggi non può certamente rinunciare alla sua natura multiculturale, figlia del suo passato coloniale. Sembra ormai però avere profondamente messo in dubbio le proprie politiche migratorie. E’ in Francia che per la prima volta è stato denunciato il fenomeno della Grande Sostituzione, il processo che porterebbe i migranti a prendere il posto del popolo autoctono. In molti temono che quella francese diventi col tempo una società simile a quelle dell’altra sponda del Mediterraneo. La reazione della popolazione di fronte a fatti terroristici così gravi, così tranquilla come se succedesse a Beirut, mostra forse però che la mentalità francese sta già subendo un cambiamento in quella direzione.

A fine giornata da tantissimi balconi delle case di Nizza si vedono sventolare dei tricolori.

Espressione di un patriottismo che divampa in occasione di ogni attentato ma che, strage dopo strage, non riesce a fermare questa guerra di cui la Francia è uno degli epicentri.

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