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"L'Europa si può salvare l'Unione invece no: sennò affonda l'Italia"

L'economista Antonio Maria Rinaldi traccia un bilancio impietoso dell'Ue: "Progetto fallito, era meglio la Cee"

"L'Europa si può salvare l'Unione invece no: sennò affonda l'Italia"

«È un miracolo che dopo anni di euro e Unione europea esista ancora l'Italia». Il professor Antonio Maria Rinaldi, economista e docente di Economia internazionale all'Università Chieti-Pescara, con una semplice battuta sintetizza la situazione che è sotto gli occhi di tutti.

Professor Rinaldi, dopo il vertice Renzi-Merkel-Hollande, siamo al punto di partenza. Nessun impegno, solo buone intenzioni e una Ue che poi si presenta al G20 come un nano.

«Un'Europa che non conta nulla con un'Italia che conta ancora meno nell'Europa, siamo comparse. L'Unione europea è un esperimento fallito perché si è voluto affidare all'euro l'azione di aggregazione, producendo dei danni gravissimi che rischiano di essere irreversibili. Non si può affidare esclusivamente a una banca centrale l'onere di sostenere la mancanza di politica estera, economica, di immigrazione comuni, l'onere di tenere coesi i paesi dell'Ue».

Lei ha detto che gli accordi di Maastricht non avrebbero consentito né all'Ue né all'euro di funzionare. Un epilogo già scritto?

«Era già previsto. La trasformazione da Cee in Unione europea è stata una forzatura politica voluta essenzialmente dai francesi con il consenso tedesco per permettere la riunificazione della Germania. Il fatto di trovare degli accordi più stretti con la Germania significava mettere sotto tutela l'esuberanza tedesca. Questo però non avvenuto. Gli accordi sono stati fatti in fretta e si è pensato alla moneta come fattore aggregante, ma l'euro doveva essere il complemento finale all'integrazione europea».

Quindi un'Unione che di fatto non esiste?

«Parliamo di mercato unico quando a distanza di 26 anni non abbiamo ancora uniformato le aliquote Iva nell'ambito dello stesso mercato? Se avessero davvero voluto un mercato unico, con una moneta unica, la prima cosa sarebbe stata quella di uniformare le aliquote. L'Unione non è solo è un esperimento fallito, quello che è più grave e che per tentare di continuare l'esperimento stanno sottraendo la democrazia ai paesi europei. La più grande conquista del genere umano è che la sovranità appartiene al popolo e non a queste oligarchie non elette».

Ma si può ancora salvare l'Europa?

«Se l'Europa si vuole salvare, non l'Ue, non quella di Maastricht, bisogna smantellare questa Unione e fare degli accordi di collaborazione fra tutti i Paesi, come la vecchia Cee, dove ciascuno ha la propria autonomia e soprattutto la propria politica economica».

L'Italia supplica flessibilità, ma anche ottenendola non facciamo altro che aumentare la spesa.

«Diciamolo chiaro e tondo. Il problema non è che il nostro debito sia elevato, ma che sia in valuta estera, cioè in euro, moneta che noi non governiamo e che ci impedisce di esprimere la nostra politica economica, che come sappiamo è dettata da Bruxelles. I parlamenti nazionali sono estraniati da qualsiasi potere decisionale. L'80% del loro lavoro è il recepimento delle normative europee».

L'uscita di Londra ha minato le poche certezze di Bruxelles. È il primo passo della caduta dell'Unione?

«È il primo passo della caduta. Il rapporto degli inglesi con l'Ue è sempre stato particolare, esercitarono la loro opting out al momento della moneta unica, perché sapevano che con quei vincoli la trazione sarebbe stata solo tedesca. Londra sa benissimo che senza sovranità monetaria non si può avere una politica economica autonoma. Quindi hanno fatto benissimo a uscire dall'Ue. Altri Paesi la seguiranno. Bruxelles dovrà fare i conti con questa situazione. Se continueranno su questa linea allora dovranno togliere completamente il potere ai cittadini.

Se desideriamo diventare il 17esimo land tedesco, accomodiamoci pure».

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