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Lo sfogo di Dell'Utri da Rebibbia: "La fine è vicina e sono in cella"

L'ex senatore di Forza Italia: "Mi sento come un prigioniero della guerra a Berlusconi". Poi il rammarico: "Avrei dovuto farmi arrestare prima"

Lo sfogo di Dell'Utri da Rebibbia: "La fine è vicina e sono in cella"

"Lo status di parlamentare mi ha evitato la carcerazione preventiva e ha allungato i processi, ma avrei fatto meglio a farmi arrestare prima e scontare subito la condanna, quando avevo cinquant'anni". È il rammarico di Marcello Dell'Utri, recluso nel carcere romano di Rebibbia, dove sta scontando una pena di sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, in una intervista al Corriere della Sera. "Oggi sarei libero - dice - un uomo saggio con un bagaglio di esperienza in più".

Dell'utri è visibilmente dimagrito. "Mi tengono sotto controllo in Infermeria", racconta al giornalista del Corriere della Sera. Le sue giornate sono scandite dalla "passeggiata" in cortile. Trascorre la mattinata nell’area universitaria con i reclusi che studiano Giurisprudenza, mentre passa il pomeriggio nella cella a studiare per il prossimo esame in Lettere e Storia all'università di Bologna. Poi, la sera sbriga la corrispondenza e guarda un po' di televisione. "Un’esistenza quasi monastica, anche se manca il silenzio - rivela - c’è sempre troppo chiasso".

"Mi trovo qui dentro a 75 anni - racconta l'ex senatore di Forza Italia - vedo avvicinarsi il finale di partita e sinceramente mi dispiace passarlo qui anziché con la mia famiglia, i miei nipoti e i miei più cari amici". Nell'intervista al Corriere della Sera, Dell'Utri dice di non sentirsi come "un condannato detenuto", bensì come "un prigioniero che ha perso una guerra ancora in corso". "Finché non finisce devo stare qui - argomenta - solo dopo mi libereranno". Ovviamente, una guerra contro contro Silvio Berlusconi. "E contro di me per interposta persona". "Io per adesso studio la storia, ma forse arriverà un giorno in cui la scriverò anch'io. Ho già qualche idea", conclude Dell'Utri dispiacendosi perché da politico non s'è occupato dei problemi dei detenuti. Oggi se ne rammarica.

"Ma del resto la mia esperienza politica è stata un disastro".

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