Scienze e Tecnologia

L'iPhone compie dieci anni E può (ri)cambiare il mondo

Il 9 gennaio 2007 Steve Jobs lanciò il primo telefono intelligente. A patto di saperlo usare con il cervello...

L'iPhone compie dieci anni E può (ri)cambiare il mondo

Dieci anni dopo siamo tutti infinitamente più vecchi, perché sono passate almeno 10 generazioni. Il 9 gennaio 2007, nella mattina di San Francisco, nella serata europea, nell'alba di un nuovo pianeta, Steve Jobs concludeva la presentazione dell'iPhone citando il mito di hockey su ghiaccio nordamericano Wayne Gretzky, e questo era il messaggio che dava al mondo: «Io pattino dove il disco sta andando, non dov'è appena stato». Non c'è dubbio infatti che Jobs avesse appena fatto gol. E che Apple fosse avanti a tutti gli avversari. Nel futuro. Dieci anni dopo a festeggiare l'iPhone sembra di rivivere una di quelle trasmissioni che passano in tv e che raccontano un mondo in bianco e nero: siamo più vecchi e non solo perché Steve non c'è più, e neppure per i vestiti e il modo di apparire dei fortunati che vissero in platea la nascita di un oggetto epocale, anche se basta riguardare la presentazione del Melafonino per accorgersene. E sorriderne. Siamo più vecchi perché è il tempo che si è accorciato e la rivoluzione digitale ha corso così in fretta da mangiarsi tutta la storia dell'Uomo. Dieci anni che sembrano millenni. Millenni che diventano sempre più corti.

Questo dunque è quanto vuol dire l'iPhone, perché quando apparve l'oggetto che avrebbe «ridefinito il concetto di telefono», la gente non aveva ben chiaro di ciò che ne avrebbe fatto. Sapeva solo che l'avrebbe comprato e Steve Jobs in fondo quello sapeva fare: convincerti che quello che ti stava mostrando era proprio quello di cui avevi bisogno. I numeri parlano, anzi urlano: nel 2006 erano stati venduti in tutti i mercati meno di 1 milione di smartphone; che eh, già - esistevano anche prima dell'iPhone. Quel 9 gennaio Jobs disse che il suo obbiettivo era di venderne 10 milioni nel 2008. Nel 2016 sono stati comprati un miliardo e mezzo di cellulari intelligenti e la previsione è di arrivare a 5 miliardi di persone connesse al web con un dispositivo mobile per il 2020. Non c'è più solo l'iPhone, ovviamente. Ma dall'iPhone tutto è partito. È stata come la scoperta di un nuovo mondo: l'America del Terzo Millennio.

Dieci anni dopo siamo cambiati: non solo abbiamo mail, internet, musica e telefono nello stesso apparecchio, così come Steve Jobs aveva pensato per noi. Abbiamo a portata di mano il compagno più fedele che la storia ricordi, sempre pronto nel momento del bisogno. E lo amiamo incondizionatamente, per i suoi pregi e nei suoi difetti (per esempio: avete presente la batteria?).

Le applicazioni, quei programmi che stanno tutti dentro l'iPhone e i suoi rivali, ci accompagnano passo dopo passo durante la giornata, semplificano la nostra vita, risolvono i problemi grazie a un tocco delle dita. Che, diceva Steve, è lo strumento più intelligente che abbiamo. Però tutto questo ha aperto anche un dibattito su un altro meraviglioso strumento umano, quel cervello che qualcuno dice si sta impigrendo. Che proprio l'iPhone avrebbe in qualche modo drogato. Ci siamo isolati in un mondo senza più barriere, viviamo in simbiosi con un oggetto di cui non sappiamo più fare a meno. E comunichiamo spesso solo grazie a lui. Un saggio dello scrittore americano Nicholas Carr ha un titolo chiarissimo: Internet ci rende stupidi?. Parla di cellule cerebrali sempre più stimolate da una vita troppo multitasking, di una crescente difficoltà di attenzione, dell'assenza progressiva di pensiero lento. Parla di un Uomo che si sta perdendo dentro la tecnologia finendo per esserne assorbito. Parla di noi, se non fosse che l'analisi di Carr uscita nel 2010 pare vecchia anche lei. È già di un'altra generazione.

Dieci anni dopo l'iPhone fa parte di un oggi in cui si parla di intelligenza artificiale, di un presente che era futuro nei libri di Isaac Asimov 70 anni fa, di un 1984 che neppure Orwell aveva pensato che sarebbe andato così oltre. Non sappiamo ancora cosa Apple preparerà per celebrare l'evento, uscirà sicuramente un nuovo super smartphone che secondo i rumors sarà in 3 modelli, certamente bellissimo, probabilmente con uno schermo Oled di ultimissima generazione e pieno di sensori e di idee. Ma sappiamo invece di sicuro che la nostra esistenza sta cambiando, che le macchine diventeranno sempre più umane e che l'Uomo dovrà reinventarsi e riscoprirsi, ragionando sul suo presente nello stesso tempo in cui una volta immaginava il suo futuro. Tra dieci anni, probabilmente, l'iPhone non esisterà più: avrà le sembianze di un robot, lavorerà e ragionerà al posto nostro e forse anche meglio di noi, ma anche molto peggio se non sapremo mettere nell'inevitabile progresso un po' del nostro umanissimo ingegno.

Ecco, questo è il punto: l'iPhone è l'icona immortale di un'era intelligente, la più intelligente che il mondo abbia mai avuto. Ma è sempre e solo uno strumento, magnifico, a nostra disposizione. È l'oggetto, non il soggetto. È il tramite verso un futuro che possiamo guidare pensando in modo diverso.

Think Different: lo diceva proprio Steve Jobs molto prima dell'iPhone.

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