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Bebe Vio: "Le protesi e le cicatrici sono la mia normalità"

L'atleta premiata a Montecarlo: "Io stessa mi dico a volte: ma quanto sei handicappata…Forse non è proprio corretto, ma è come dire – chessò – quattrocchi"

Bebe Vio: "Le protesi e le cicatrici sono la mia normalità"

Nostro inviato a Monte Carlo - A un certo punto nella sala del Monte Carlo Bay si sono alzati tutti in piedi, ed era la seconda volta della serata.. La prima per l’ingresso del principe Alberto II, la seconda per quella che è ormai una principessa, e dello sport. Beatrice Vio, Bebe per tutti, ha vinto l’Oscar dello Sport nella categoria Atleti con disabilità, e non è un caso che Nico Rosberg – vincitore pure lui come rivelazione del 2016 – l’abbia indicata come regina della serata. E tutti, ascoltando le sue parole e guardando il video celebrativo a lei dedicato, avevano i lucciconi agli occhi.
Bebe l’avevamo incontrata qualche ora prima dell’incoronazione e la sua travolgente simpatia è diventata una chiacchierata seria e divertente su quello che lo sport è per lei. E su quello che lei è per lo sport. Lei che, colpita da una meningite a 11 anni, viaggia e gareggia con le protesi alle gambe e alle braccia: “E io amo le mie protesi, rappresentano quello che sono: 50 e 50, mezza donna e mezzo robot. E amo le cicatrici, sono la mia normalità”.

Eppure Bebe, ci sono persone normali che non sanno cosa farsene della normalità.

“Infatti, è una cosa che io non capisco. Voglio dire: alzatevi, fate qualcosa, nella vita bisogna lottare. Sempre”.

E ci sono persone alla ricerca di una bellezza impossibile.

“Anche la chirurgia plastica per me è senza senso. Per carità: se serve per piacersi va bene, ma ci sono in giro certi orrori… ne avevo uno a tavola proprio ieri a pranzo…”.

Bebe, tu sei felice.

“Sì, io sono felice. Considera che il 97 per cento di quelli che hanno quello che ho avuto io di solito muoiono. Io sono ancora qui. E mi diverto un casino…”

Com’è la tua giornata?

“Non ho una giornata tipo. Ho un sacco di impegni. E lavoro sai? Ho fatto la maturità un mese prima delle Paralimpiadi e adesso sto facendo uno stage a Fabrica. E poi ci sono le serate, la moda: sto vivendo un sogno”

Un sogno pieno di selfie…

“Si, lo so: tutti ricordano quello con Obama. E adesso qui posso farne con Bolt, Phelps, la Biles e star dello sport del genere. Una roba da pazzi, e ho solo 19 anni!”

Faresti un selfie anche con Trump?

“Diciamo così: non mi sembra che alla Casa Bianca ora siano bene accette le donne e i disabili. E io faccio parte delle due categorie… Però…”

Dì pure.

“Forse andrei a parlargli: so essere convincente sai?”

Sicuro. A proposito di parole: disabile, diversamente abile o che cosa?

“Le parole non sono importanti e dipende anche da chi le dice e come. Io stessa mi dico a volte: ma quanto sei handicappata… Forse non è proprio corretto, ma è come dire – chessò – quattrocchi. Oddio: io porto pure gli occhiali…”.

Cosa è importante allora?

“Le cose che si fanno: con la mia famiglia abbiamo aperto una fondazione, la Art4Sport, per aiutare i ragazzi disabili a comprare attrezzature per fafe sport. Sai quanto costano? Fare sport dà la motivazione per superare gli ostacoli della vita. Io sono quello che sono grazie allo sport”.

Hai 19 anni: ragazzi?

“Io parlo tanto, ma questa è l’unica cosa di cui non parlo in pubblico”.

Dopo l’oro paralimpico, hai altri sogni?

“Te l’ho detto, son qui a viverlo. E voglio continuare”

Facciamo un selfie?

“Potrei dirti di no?”

Ps. In serata, appunto, l’ovazione. E i selfie con gli altri vincitori: Usain Bolt, Michael Phelps, Simon Biles, Claudio Ranieri.

E questa volta gliel’hanno chiesto loro.

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