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Il presidente dell'Azerbaigian ha nominato la moglie sua vice

Aliyev ha scelto il suo vice presidente, senza cercare troppo lontano da casa

Il presidente dell'Azerbaigian ha nominato la moglie sua vice

"Nel 21esimo secolo non c'è posto per un governo dinastico". Dicono questo i membri dell'opposizione in Azerbaigian, dopo che il presidente Ilham Aliyev ha nominato la moglie come sua primo vice-presidente, conferendo così la seconda carica del Paese caucasico alla persona più vicina a sé.

Una scelta che arriva dopo che, lo scorso anno, un referendum ha emendato la costituzione azera, portando da cinque a sette gli anni di durata di un mandato presidenziale (dopo che il limite a due mandati era già stato cancellato) e creando la posizione di vice-presidente, quella ora assegnata a Mehriban Aliyeva, oltre ad eliminare i limiti d'età richiesti per ricoprire la carica.

La 52nne moglie del presidente è vice-presidente del gruppo parlamentare di Yeni Azerbaycan (Nuovo Azerbaigian), il partito del marito, in cui è arrivata nel 2005, due anni dopo che, alla morte del padre Heydar, che aveva guidato il Paese a partire dal 1993, Ilham ne ha preso il posto.

"Questa mossa riporta l'Azerbaigian ai tempi del Medioevo, del feudalesimo", ha detto alla France Press Isa Gambar, leader del partito d'opposizione Musavat. Con le modifiche costituzionali apportate dopo il referendum, sarebbe la Aliyeva a prendere le decisioni al posto del presidente (al posto del marito, quindi) in caso lui non ne fosse più in grado. Prima del 2016 il compito sarebbe spettato al primo ministro.

Da tempo l'Azerbaigian è sotto accusa per la persecuzione di giornalisti, oppositori e attivisti per i diritti umani. Il caso più emblematico è quello di Khadija Ismayilova, giornalista d'inchiesta che ha scontato diciassette mesi di carcere nel Paese, ufficialmente per crimini finanziari, ma secondo lei e chi la sostiene per avere trattato a lungo delle accuse di corruzione al presidente e alla sua famiglia.

La giornalista, tuttora sottoposta a divieto d'espatrio, all'inizio di febbraio ha in video-conferenza, tra mille difficoltà, a un panel sui diritti umani a Bruxelles. A pochi minuti dall'appuntamento - ha accusato - le è stata staccata la connessione, la corrente è saltata in tutto il quartiere in cui vive e anche la rete mobile ha smesso di funzionare. "Ondate di arresti", ha scritto su facebook, hanno preceduto la scelta del primo vice presidente.

Ha poi aggiunto causticamente: "Nel caso qualcuno osasse protestare".

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