Economia

Intesa boccia Generali "Non ci sono opportunità"

Secondo i vertici della banca, l'operazione non crea valore per i soci e assorbirebbe capitale

Intesa boccia Generali "Non ci sono opportunità"

La battaglia è finita ancor prima di cominciare. Intesa Sanpaolo non giocherà la partita sul campo delle Generali perché la mossa sul Leone non crea valore per i soci della banca e anzi potrebbe assorbire il capitale.

O almeno è questa la ragione ufficiale che emerge da un comunicato diffuso ieri in serata, dove si spiega che il management ha «completato le valutazioni di ipotesi riguardanti possibili combinazioni industriali» con la compagnia triestina e, «non ha individuato opportunità rispondenti ai criteri di creazione e distribuzione di valore per i propri azionisti, in coerenza con l'obiettivo di mantenimento della leadership di adeguatezza patrimoniale con cui valuta regolarmente le opzioni di crescita endogena ed esogena» per l'istituto. La squadra capitanata dall'ad Carlo Messina ha dunque deciso proseguire da sola verso il prossimo piano industriale «e in continuità con il piano 2014-2017», che ha confermato l'impegno a distribuire agli azionisti dieci miliardi di dividendi cash complessivi per il quadriennio.

Intesa punta a rafforzarsi ulteriormente nel settore del wealth management, «anche in considerazione del notevole potenziale di conversione delle altre attività finanziarie attualmente detenute dalla clientela, con circa 30 miliardi di euro di titoli obbligazionari retail in scadenza nel triennio 2017-2019, oltre 30 miliardi di depositi affluiti nelle divisioni Banca dei Territori e Private Banking dall'ultimo trimestre del 2015 e oltre 150 miliardi di raccolta amministrata in essere. L'obiettivo è anche quello di sviluppare il ramo assicurativo Danni, «innalzandone il grado di penetrazione presso la clientela ai livelli raggiunti dal ramo Vita, con opportuni interventi in sinergia con le reti bancarie», si legge nella nota che è anche una sorta di anticipazione del prossimo business plan. Sono previste inoltre nuove iniziative di espansione della banca multicanale e digitale, che annovera circa 6,4 milioni di clienti, e la digitalizzazione in tutte le filiali. I vertici della banca mirano infine a ridurre l'incidenza dei crediti deteriorati sui crediti complessivi alla clientela, senza operazioni straordinarie, che ad oggi è attesa riportarsi nel 2019 ai livelli del 2011, ossia al 10,5% al lordo delle rettifiche di valore e al 6% al netto, dal 14,7% e 8,2%, rispettivamente, di fine 2016. L'agenda, insomma, è fitta e non vi è spazio per il Leone. Si chiude così una telenovela iniziata il 22 gennaio scorso con una prematura fuga di notizie sulla stampa. Poi la barricata alzata da Trieste con l'acquisto in chiave anti-scalata del 3% di Intesa e infine la prudenza di Messina che ha detto a più riprese di non voler fare scelte azzardate per tutelare dividendi e ratio patrimoniali, ma prendersi tutto il tempo che sarebbe servito per decidere. Fino a ieri, quando la questione è stata chiusa. A poche ore dal successo dell'aumento di capitale di Unicredit che disegnerà il nuovo assetto azionario dell'istituto di piazza Gae Aulenti. Ovvero del primo socio di Mediobanca che a sua volta controlla il 13% di Generali (quota destinata a scendere al 10%). Le scelte dell'ad, Jean Pierre Mustier, nonché quelle dei suoi futuri compagni di viaggio rappresentano dunque una variabile determinante per lo schieramento delle pedine per eventuali alleanze.

Alla vigilia della chiusura trionfale dell'aumento, Mustier ha incontrato a Palazzo Chigi il premier Gentiloni, e il colloquio avrebbe toccato anche Generali di cui l'ad francese ha sottolineato ancora una volta la necessità di salvaguardare l'italianità.

Vedremo come.

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