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Le 355 navi da guerra di Trump nella strategia della letalità distribuita

La letalità distribuita è il concetto cardine della strategia navale dell'amministrazione Trump e giustifica la flotta di 355 unità.

USS Dwight D. Eisenhower
USS Dwight D. Eisenhower

La strategia della letalità distribuita si basa sulla dispersione della flotta degli Stati Uniti per il controllo del mare e si integra nel piano di riamo voluto dal Presidente Donald Trump.

La Casa Bianca ha fatto suo il documento della US Navy denominato Force Structure Assessment, per la costruzione di una flotta di 355 unità, la più grande dalla fine della guerra fredda. La US Navy propone di costruire il 14% delle unità in più rispetto a quanto stimato nel precedente obiettivo FSA del 2014 fissato a 308 navi. L’incremento è di quasi il 30% rispetto alla dimensione attuale della flotta che oggi si basa su 275 vettori. Tale piano di riarmo comporterà una spesa ulteriore stimata variabile di 4/5,5 miliardi di dollari l’anno per i prossimi trent’anni nel budget di costruzione della Marina attualmente fissato a 12,3 miliardi di dollari. Tale investimento aggira i dispositivi di legge per il controllo sul bilancio come il Budget Control Act del 2011. Il Force Structure Assessment, oggi simbolo dell’amministrazione Trump, era un documento ideale, scevro da qualsiasi controllo finanziario, ma rappresentava la posizione dei militari. Le 355 navi dell’FSA, erano da intendere come un numero ideale per un investimento fiscalmente impegnativo. Il Force Structure Assessment, ad esempio, non teneva conto di svariate voci, come i costi necessari per mantenere operativa la flotta di 355 unità, che potrebbe essere addirittura superiore ai costi di acquisizione. Era un numero espresso con autorità e fondato sul collettivo giudizio professionale della flotta, ma rappresentava un termine di riferimento ideale per le discussioni sui prossimi bilanci. Oggi è diventato il simbolo della Casa Bianca.

La letalità distribuita

La strategia si basa sulla dispersione dell’intera forza navale statunitense nel globo. L’obiettivo è quello di “scoraggiare il primo atto di aggressione, fornendo una immediata capacità di risposta, diluendo la densità d’attacco nemica”. Nella nuova strategia, la letalità della Marina Militare degli Stati Uniti è concepita per “infliggere danni di tale portata da costringere l’avversario a cessare le ostilità, rendendolo incapace di ulteriori aggressioni”. La letalità distribuita rivede la strategia navali del passato, strutturate su gruppi da battaglia delle portaerei e portaelicotteri a sostegno delle unità d’attacco anfibio. La letalità distribuita si basa sulle reti resilienti per coordinare l'azione delle navi da guerra. Ogni nave da guerra è concepita come un sensore integrato nella griglia globale. Disperdendo tali forze, “si inficia la capacità del nemico di rilevare, monitorare e colpire le forze navali degli Stati Uniti”.

La letalità distribuita pone un forte accento sulla dissimulazione e l'inganno per scoraggiare e sconfiggere i potenziali aggressori. “I Gruppi da Battaglia delle Portaerei sono facilmente identificabili così come intuibile i loro obiettivi. Tuttavia, se la stessa missione venisse condotta da diverse navi disperse sui mari, il nemico non sarebbe in grado di determinare dove convogliare le sue forze per infliggere danni”. La strategia è quindi concepita per sfruttare le principali piattaforme della flotta, incrociatori, cacciatorpediniere, fregate e sottomarini, ma il nuovo approccio si applica potenzialmente all’intera comunità operativa della Marina.

La letalità distribuita è il concetto cardine della strategia navale dell'amministrazione Trump. Nel documento Surface Force Strategy dello scorso dicembre si espone la logica alla base della letalità distribuita.

“L'obiettivo è assicurare il controllo dei mari e le zone di accesso, la deterrenza, la proiezione di potenza e la sicurezza marittima”.

E’ un approccio che richiede alla unità di superficie di adottare nuove tattiche. Le principali voci del Surface Force Strategy si riferiscono proprio ai sistemi d’arma ed ai sensori di scoperta per garantire l’essenziale consapevolezza del campo di battaglia. E’ chiaramente una strategia concepita per la deterrenza regionale e che, se ben strutturata, potrebbe certamente migliorare la sopravvivenza delle forze Usa in tempo di guerra.

I gruppi di superficie hunter killer

Le formazioni offensive nella letalità distribuita prendono il nome di hunter-killer surface action groups o hunter-killer SAG.

“L'obiettivo è quello di provocare l'avversario e costringerlo a disperdere le proprie difese per contrastare le nostre unità. Il nemico sarà costretto a destinare le risorse per difendere diversi obiettivi, a nostro vantaggio. Tale dispersione è fondamentale nella nuova strategia offensiva”.

Quando si concluse la guerra fredda, la Marina Militare degli Stati Uniti rimase incontrastata, motivo per cui si è concentrata sulla proiezione terrestre. L'equilibrio tra il controllo del mare e la proiezione di potenza punta fortemente a favore di quest’ ultima: la forza di superficie si è quindi evoluta di conseguenza.

“La nostra competenza nelle operazioni di attacco terrestre ha raggiunto nuove vette, a discapito delle capacità fondamentali nella guerra antisommergibile e nella lotta antinave. Dalla guerra fredda ad oggi, la nostra flotta di superficie si è tramutata in forza difensiva. La potenza navale degli Stati Uniti deve recuperare il predominio marittimo sui campi di battaglia in ambienti A2 / AD contemporanei e futuri. La flotta di superficie dovrà contrastare in rapida evoluzione le nuove minacce stratificate che metteranno alla prova la nostra capacità di navigare dove e quando vogliamo”.

In realtà, la strategia Distributed Lethality risponde allo sviluppo della componente A2 / AD, specificamente progettata per negare la capacità di manovra e proiezione degli Stati Uniti. Da rilevare che la proiezione di potenza è alla base del valore deterrente delle forze avanzate. Infatti, la capacità offensiva è ritenuta necessaria nella letalità distribuita, così da fornire diversificate opzioni di tiro per una minore densità d’attacco nemico.

L’integrazione con il Corpo dei Marine è fondamentale nella nuova strategia poiché “fornirà una persistente presenza in grado di influenzare e controllare gli eventi in mare e nei litorali di tutto il mondo”.

L’analisi della letalità distribuita

Non sarebbe un azzardo definire il nuovo approccio come una sorta di evoluzione della strategia della seconda guerra mondiale. Le distese oceaniche, infatti, rappresentano le isole durante l’ultimo conflitto mondiale, intese come aree dove proiettare la potenza degli Stati Uniti. E’ quindi un’evoluzione della strategia localizzata per il controllo del mare con immediata disponibilità di soluzioni difensive/offensive, all’interno di un tollerabile e flessibile margine di rischio.

Le formazioni hunter-killer SAG sono concepite come la forza motrice alla base del controllo del mare, per gruppi da battaglia indipendenti, ma integrati nella griglia operativa globale. La letalità distribuita sfrutta proprio i vantaggi delle forze di superficie, mobilità e persistenza, per fornire deterrenti significativi ed opzioni Warfighting immediatamente disponibili.

Tali principi potrebbero sostenere ed estendere il vantaggio competitivo degli Stati Uniti in proiezione offensiva nei futuri contesti, ma comportano la messa in discussione dei concetti e delle strategia esistenti.

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