Cultura e Spettacoli

Per santificare Che Guevara niente di meglio di un fumetto

Per santificare Che Guevara non c'è niente di meglio di un fumetto: un'agiografia che varca i confini del verosimile

Per santificare Che Guevara niente di meglio di un fumetto

Affidare la storia a un fumetto è sempre un rischio. Il fumetto semplifica, anche se ormai va di moda chiamarlo Graphic Novel.

Ecco, tranquilli, non è questo limite, intrinseco al mezzo, a far sorgere dei dubbi su Che. Una biografia a fumetti firmata dal disegnatore statunitense Spain Rodriguez (1940-2012), edita da Einaudi (pagg. 102, euro 16). Le sfaccettature l'autore non prova nemmeno a metterle. Nel mondo esiste una vastissima apologetica di Che Guevara quindi, alla fine, non stupisce che nel fumettone il Che diventi il prototipo del rivoluzionario buono e giusto e guai a chi lo tocca. Però in questo caso l'agiografia varca i confini del verosimile con un piglio tale che forse anche gli autori dei manuali scolastici cubani troverebbero stucchevole. Forse solo nella biografia ufficiale del Caro leader della Corea del Nord, il non molto compianto Kim Jong-il, si potrebbe trovare una narrazione più acritica. Guevara ha un destino manifesto sin da piccolo: «Leggeva i libri della ricca biblioteca di casa. In seguito diventò famoso come uno dei pochi leader marxisti ferrato su Freud». Il viaggio con la famosa moto Norton assieme all'amico Alberto, diciamocelo una lunga zingarata, assume toni «epici»: «A Valparaiso furono ospiti dei pompieri volontari. E Alberto riuscì a salvare un gatto da un edificio in fiamme».

Quando si arriva alla rivoluzione cubana i toni diventano deliranti. Ci sono solo rivoluzionari buoni e cattivi agenti della Cia che aiutano i fascisti. Tutto quello che la storiografia ci ha rivelato sulle azioni dubbie di Guevara, come l'essere l'inventore del sistema concentrazionario cubano, viene saltato a piè pari. E le fucilazioni di massa avvenute a La Cabana sotto il comando del Che? Tutto ridotto a un disegnino con la seguente didascalia: «Guevara fu messo a capo di La Cabana, fortezza dove i torturatori del popolo cubano vennero giustiziati». Il ridicolo non si esaurisce sino all'ultima pagina. Dopo una esaltazione di Hugo Chávez come erede del Che chiude così: «Il grande cuore dell'America Latina è stato aperto. Né gli squadroni della morte delle oligarchie, né le camere di tortura della Cia, né le bugie raccontate dai reazionari ai loro ignoranti elettori possono più rinchiuderlo...

».

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