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Un Cavallino tutto italiano che spaventa la Mercedes

Prima vittoria dopo 15 mesi con lo staff made in Italy voluto da Marchionne. Hamilton e Bottas si inchinano

Un Cavallino tutto italiano che spaventa la Mercedes

Bandiera a scacchi, Vettel che dice cose belle ai suoi, Arrivabene anche, Marchionne che dà ordine al proprio ufficio comunicazione di redigere un bel comunicato urbi et orbi, ma soprattutto un'infilata di altri uomini più o meno importanti che si appropria di una fetta del successo rampante mascherandola da plauso. Ecco che cosa è successo ieri mattina quando la Rossa, dopo quindici mesi, da Singapore 2015, è tornata al successo. In rapida sequenza hanno infatti twittato, scritto, detto, professato giubilo e sentita vicinanza il premier Gentiloni («grandissima #Ferrari. L'Italia che torna a vincere»), l'ex premier Renzi («Finalmente l'inno di Mameli torna a risuonare in F1»), il ministro calciatore dello Sport Lotti, il vice presidente della Camera Di Maio. Quest'ultimo si è superato con il suo geografico «Grande Ferrari e grande Seb. Oggi vince il Made in Italy» e Sebastiano, tedesco di Heppenheim, ovviamente ringrazia.

Frasi festose partorite da una ressa di gente che salta sul carro e, forse, anche frasi precipitose perché c'è tutto un mondiale ancora da correre. Soprattutto, però, frasi che in qualche modo si erano sentite già in passato, puntuali ad ogni successo della Ferrari nel sottolineare con orgoglio nazionalpopolare l'italianità del Cavallino benché un tempo lo dirigesse un francese e ci corressero tedeschi, brasiliani e finnici. Oddio. Alla voce piloti oggi non è cambiato molto, sempre tedeschi e nordici sono, ma non diciamolo a Di Maio.

Solo che stavolta sono frasi involontariamente - per chi le ha pronunciate - più vere. Perché l'organizzazione orizzontale voluta da Marchionne in estate ha davvero profondamente italianizzato i ruoli chiave. Via l'inglese dt James Allison reo secondo il patron di comunicare poco e accentrare troppo e però comunque valido tant'è che l'ha preso al volo la Mercedes, e invece ampia fiducia e promozione a direttore tecnico per Mattia Binotto, l'ingegnere capo del reparto motori che nei due precedenti anni era riuscito a portare il propulsore del Cavallino a livelli Mercedes. La scelta del presidente, oltre che sulle doti tecniche di Binotto, poggiava sulla fama di grande organizzatore e gestore di uomini del tecnico 47enne che ieri ha visto la sua prima creatura debuttare vincendo.

Naturalmente, creatura tutta sua nel senso che coordina i vari reparti. A Binotto riporta infatti il chief designer, che in omaggio all'italianità chiameremo Capo progetto, l'altrettanto italiano Simone Resta, con un ruolo di coordinamento trasversale fra gli altri due reparti: quello power unit diretto da Lorenzo Sassi e Luigi Fraboni, supportati dal tedesco Wolf Zimmerman; e quello aerodinamico a capo del quale è stato spostato Enrico Cardile, l'ingegnere che ricopriva uguale mansione nel reparto Gt di Maranello. Vice di Cardile, il francese David Sanchez.

Che però, suvvia, come per Zimmerman, facciamo finta sia italiano.

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