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11 settembre, gli scatti dell’attacco al Pentagono Smentiti i complottisti

L’Fbi pubblica le foto del terzo Boeing dirottato da Al Qaida che colpì l’edificio della Difesa Usa

11 settembre, gli scatti dell’attacco al Pentagono Smentiti i complottisti

G rande scoop, ci sono le foto, nuove foto che escono dagli archivi dopo l’Undici Settembre 2001, il che sembra impossibile perché da quel terribile giorno siamo stati alluvionati dai filmati, dai documentari, le immagini, le testimonianze.

Ma restava un ma. I complottisti di tutto il mondo (specialmente americani che in questo mestiere autodenigratorio sono imbattibili) subito dopo il più feroce attentato della storia avevano sostenuto due brillanti tesi: la prima, che l’attacco alle Torri gemelle gli americani se lo fossero procurati da soli con la partecipazione dei soliti agenti ebrei desiderosi di spingere gli Stati Uniti alla guerra. La seconda: che non fosse mai avvenuto, quello stesso giorno, anche un attacco al Pentagono, dove le foto e le testimonianze telefoniche (i disgraziati passeggeri del Boeing che raccontavano piangendo in diretta quel che accadeva) dimostravano che un terzo aereo era stato dirottato sul celebre edificio della Difesa americana e lì era stato fatto precipitare provocando decine di morti, oltre i passeggeri dell’aereo.

Ricordo che andai con una delegazione parlamentare al Pentagono a visitare il luogo di sacrificio umano multiplo e provai un moto di ribrezzo e di indignazione nei confronti di tutti i cialtroni che sostenevano la teoria secondo cui non era mai avvenuto l’attacco al Pentagono. Prima ancora delle foto oggi diffuse come una rarità, ho visto insieme a tutti i colleghi della delegazione parlamentare presso la Nato la voragine dell’impatto, i segni del terribile incendio, le reliquie umane degli uccisi, una scarpa, un frammento di stoffa. Ricordo anche il piccolo e discreto memorial con la lapide su cui sono scolpiti i nomi dei caduti e le candele che illuminavano le loro foto sorridenti, in maniera privata, senza enfasi.

Certo, non era stata preparata alcuna messinscena e i traumi statici all’edificio apparivano in tutta la loro gravità e a nessuna persona sana di mente sarebbe passato per la testa di dubitare della realtà visibile: una gran parte dell’ala colpita era rimasta transennata e le mura apparivano ancora sbilenche, gli infissi divelti, i tramezzi che avevano resistito erano anneriti dal rogo che si sviluppò dalle tonnellate di combustibile dell’aereo. Alcuni passeggeri erano amici di miei amici e avevo ricevuto da loro fin dal giorno della catastrofe i racconti di quella tragedia, comprese alcune registrazioni delle voci al cellulare di esseri umani consapevoli di andare al macello, come quelli che si erano disintegrati nelle torri gemelle. Era tutto orribilmente vero e ricordo che l’aria era rimasta impregnata anche lì, come a Ground Zero, di un odore, di una fisicità microscopica che ti passava per il naso e per i denti.

Oggi, vedendo emergere come reliquie le nuove foto di quella strage, riesco solo a riflettere sulla doppiezza e la malvagità dei costruttori di teorie negazioniste.

Non si può neanche dire che finalmente giustizia così è stata fatta, ma almeno esce vittoriosa la verità su quel che realmente accadde, quel che fu fatto agli innocenti uccisi due volte, dall’attentato e dalla menzogna.

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