Controcultura

La settimana da manuale ti cambia la vita. In peggio

Ecco che cosa succede se si seguono i consigli di boscaioli, vegani, youtuber e menefreghisti

La settimana da manuale ti cambia la vita. In peggio

Ah, lo stile di vita! Con tutti che te lo vogliono far cambiare per importene un altro, per fumare meno, bere meno, muoversi di più, e restare più a contatto con la natura, come se anche la Trump Tower non fosse naturale. Mia mamma tutti i giorni mi ripete «Cambia stile di vita!», e io che ci ho messo quarantasei anni a farmi il mio stile. In ogni caso, amici miei, ho comprato quattro manuali in testa alle classifiche per provare, per una settimana, a cambiare stile e vita. Per cominciare ho scelto Norwegian Wood, ovvero Il metodo scandinavo per tagliare, accatastare e scaldarsi con la legna (Utet), di un certo Lars Mytting. Avrei detto: chi cavolo se lo compra un libro per diventare legnaioli norvegesi? Neppure Mauro Corona, che già lo è. Invece vendutissimo, pensa te. Così sono andato in Toscana (in Norvegia ci lascio Lars Mytting), nell'azienda agricola della mia compagna, da solo, per due giorni. Da Sandro, il fattore, mi sono fatto dare un'accetta, mi ha guardato come se fossi pazzo e più che un boscaiolo mi sentivo Jack Nicholson in Shining.

Ho messo in pratica tutti i consigli del manuale, ho cominciato tagliando un tronco e dopo venti minuti ero già spompato e col mal di schiena. Il senso poetico del manuale è che «il profumo del legno fresco è una delle ultime cose che dimenticherai quando il velo si chiuderà», ho inspirato, espirato, inspirato, ma non ho sentito nessun velo chiudersi e io i profumi tra l'altro non li sento mai. Ma il punto forte del metodo norvegese è l'accatastamento. Se accatasti bene, tipo a piramide, alla fine provi una specie di Nirvana, secondo il signor Lars Mytting. Così sono tornato da Sandro e mi sono fatto portare nella legnaia dove c'erano dei ciocchi già tagliati e ne ho accatastati una decina concentrandomi sulle sensazioni ma non sentivo niente. Allora ho consultato il manuale e ho capito perché. Ho detto a Sandro di guardare, perché il manuale spiega come «non si riesca a godere del proprio lavoro se non si ha qualcuno che lo guarda e lo osserva». Ho detto a Sandro: «Che ne pensi?». Lui mi ha sorriso perplesso, ha detto: «Bravo». Poi ho dato fuoco a un ciocco, perché il profumo del legno bruciato ti riempie l'anima, anche qui non ho sentito niente, solo puzza di bruciato, sarà perché l'anima non so cosa sia. In compenso ho dormito male, prendendo un Voltaren per il mal di schiena e pensando che se questi sono i norvegesi se ne stiano in Norvegia, non fa per me.

Di nuovo a Roma, ho deciso di diventare vegano. Io ho sempre odiato i vegani, mi sembrano degli erbivori antropomorfi petulanti, e inoltre per me da piccolo i vegani erano i cattivi di Goldrake. Manuale di riferimento più venduto: Sano vegano italiano, di Red e Chiara Canzian (Rizzoli). Nel libro la solita retorica sull'orrore di «mangiare carcasse di animali», il nostro intestino che non è quello di un carnivoro (infatti siamo onnivori, bello), le tossine, ecc. Sono andato al sodo e ho mangiato vegano per tre giorni. La tragedia è che per fare la spesa vegana da casa mia si passa davanti al McDonald's, che è cominciato a sembrarmi una sorta di paradiso, mi veniva la bava alla bocca. Uno dei numi tutelari di questi Canzian è Susanna Tamaro, vegana anche lei, che dice frasi come questa: «il grande crimine di questi tempi che ci porta dalla stupidità al sadismo, diritti verso il baratro dell'apocalisse, è il crimine dell'industria alimentare della carne». Niente zucchero, niente glutine, niente uova, niente formaggi, più mangi vegano e più ti viene fame, la mattina colazione con un limone spremuto nell'acqua, soia ovunque, asparagi al limone, barbabietola su letto di asparagi, hamburger di ceci, involtini di zucchine, farfalle al cavolo cappuccio: farfalle intese come pasta, per carità, ma dopo due giorni di intrugli e le feci che diventano simili a omogeneizzati ti mangeresti non solo gli insetti, ti viene voglia di addentare un mucca viva. Altra citazione per vegani, Alda Merini: «Perché amo gli animali? Perché io sono una di loro». Verissimo, e allora perché non provi a far diventare vegano un leone? E poi tantissimi altri riferimenti da prendere ad esempio, dal Mahatma Gandhi al Dalai Lama a Madre Teresa di Calcutta, tutta gente noiosa. Quasi quasi rimpiango l'accatastamento di legna del tizio norvegese, dove non ci sono prescrizioni alimentari, se vuoi puoi pure mangiarti cinque Big Mac alla faccia dei Canzian.

Sconsolato mi butto sul terzo manuale (non prima di aver ordinato una fiorentina con Justeat), scritto da Illuminati Crew, una specie di setta massonica del web, intitolato Come diventare ricchi con Youtube (Mondadori), primo posto in classifica. Se ne deduce che i lettori o sono diventati tutti ricchi, o non hanno capito le indicazioni. In compenso non ci sono tronchi da tagliare né tisane da bere, si può stare tranquillamente in salotto, dove c'è tutto quello che ti fa stare bene nella vita, il divano, la Playstation, Netflix, e mi sembra un piccolo passo per l'uomo ma un grande passo per l'umanità. Il libro è pieno di foto di scemi, ma se lo leggete capite perché. Per avere successo su Youtube bisogna sembrare scemi, meglio ancora se lo siete. Urlare, fare facce assurde, recensire videogiochi appena escono, inventarsi dei tormentoni, essere aperti, spigliati, allegri, schietti, non dire mai «ora!» ma «now!». Passo un pomeriggio intero a preparare il mio primo video, mi metto un cappellino al contrario come fanno loro, provo a recensire il videogame For Honor, faccio tante facce strane e urlo «Ehi, ragazzi! Andiamo forte!» e tanti «Now!» disseminati qua e là ma alla fine lascio perdere. Meglio non arricchirsi che diventare uno Youtuber. Giungo a questa conclusione: uno Youtuber è uno sfigato di successo, seguito da centinaia di migliaia di sfigati di non successo, e questo gli garantisce un successo illimitato. Tuttavia Youtuber si nasce, non si diventa.

Ultimo manuale per cambiare il mio stile di vita è quello di Sarah Knight, dal titolo che è tutto un programma: Il magico potere di sbattersene il ca**o (Macro), dove ca**o sta per cazzo (e già qui nascono delle perplessità: te ne sbatti e metti gli asterischi?). Per duecento pagine vi ripete un unico concetto: non dovete sbattervi, dovete sbattervene. Se qualcuno vi rimprovera sbattetevene. Se potete sbattervene di qualcosa sbattetevene. Se non potete sbattervene sbattetevene lo stesso. Qualche concetto: «Sbattersene significa provvedere anzitutto a se stessi». «Ho smesso di sbattermi per le piccole cose che mi infastidivano». Ho pensato a tutte le cose di cui potrei sbattermene e ho scoperto che me ne sbatto già. Poi ho capito, quando ho letto: «In base alla mia esperienza gli individui che se ne sbattono rientrano in uno di questi tre gruppi: i bambini, gli stronzi, gli illuminati». Siccome stronzo lo sono sempre stato, anche questo manuale per me è stato del tutto inutile.

Stronzo, come dice mia mamma da sempre.

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