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E la Raggi fa la furbetta: finge di chiudere i campi rom ma li ridà allo stesso gestore

E la Raggi fa la furbetta: finge di chiudere i campi rom ma li ridà allo stesso gestore

Roma - Il campo rom è morto, viva il campo rom. La sindaca Virginia Raggi e l'amministrazione pentastellata di Roma continuano a professare il «superamento dei villaggi», e dunque la chiusura dei campi che oggi ospitano rom, sinti e camminanti, nell'ottica di una vera integrazione con tanto di «accompagnamento all'abitare», previsto all'interno del piano della giunta per l'inclusione dei nomadi. Però nel frattempo si preparano a inaugurare un nuovo campo, nonostante le ripetute smentite degli ultimi mesi. Un campo che dovrebbe servire a «svuotare» il Villaggio River, accogliendo le 109 famiglie al momento ospiti della struttura, oltre ad altri 11 nuclei familiari. Il bando in questione, tra l'altro, è già finito sulla scrivania di Raffaele Cantone, visto che la onlus «21 luglio» ha provveduto immediatamente a segnalare la questione con un esposto all'Anac. Perché l'unica busta pervenuta al Dipartimento Politiche sociali del Campidoglio è arrivata, guarda caso, dello stesso soggetto già affidatario con procedura negoziata (quindi senza bando, e firmata in passato da dirigenti poi coinvolti in Mafia capitale) del servizio di gestione del Villaggio River. Su quel tipo di procedure l'Anac aveva già posto il veto al Campidoglio, e dunque ecco l'annunciata chiusura del River e la contestuale gara - sartoriale, secondo l'esposto, perché con requisiti e prestazioni richieste tagliate sull'unico soggetto che infatti ha partecipato al bando - per «il reperimento di un'area attrezzata nel municipio XV o limitrofi per l'accoglienza e il soggiorno di 120 nuclei familiari di etnia rom», più «gestione sociale e vigilanza». Il tutto per 15 mesi e per un valore di 1.549.484 euro (in linea con l'esborso che le casse capitoline sostenevano per il River, che costava circa 1,2 milioni l'anno per l'accoglienza di circa 500 persone). Insomma, il nuovo che avanza non sembra poi così nuovo, sia come strategia che come procedure scelte.

«Si paventa il forte sospetto - si legge nell'esposto dell'Associazione 21 luglio - che la gara sia stata strutturata in modo tale da permettere la partecipazione della sola realtà appartenente al terzo settore», e che «si ponga in violazione della normativa di settore e in dispregio dei principi basilari di concorrenza, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità».

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