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L'emigrante in cerca di papà diventato poeta per amore di una donna

In Italia pochi lo conoscono ma negli Usa è amato e molto premiato. Il simbolo di un uomo diviso fra due mondi

L'emigrante in cerca di papà diventato poeta per amore di una donna

Una vita sospesa tra due continenti, il vecchio e il nuovo. L'America e l'Europa, l'Italia, terra d'origine. I due mondi che uniscono la vita di Joseph Tusiani, poeta e traduttore dei grandi classici italiani in inglese. I suoi versi hanno segnato la storia della letteratura americana, tanto da fargli guadagnare, oltre la fama negli States, la vicepresidenza della Società di poesia americana. Sua la prima traduzione in inglese, nel 1983, del quattrocentesco Morgante scritto da Luigi Pulci. Tusiani oggi vive a Manhattan. Ma nella sua vita ci sono tante vite, raccontate anche dalla regista Sabrina Digregorio in «Finding Joseph Tusiani the poet of two lands». Il merito del lavoro è quello di farci (ri)scoprire un grande italiano la cui vita simboleggia l'Italia migrante, un poeta praticamente sconosciuto nel nostro Paese, ma noto negli Stati Uniti.

E' una donna la figura decisiva nella vita dell'intellettuale pugliese soprattutto per la sua ascesa nell'empireo della poesia americana, ancora oggi un risultato unico, originale, irripetibile: la poetessa italoamericana Francesca Vinciguerra conosciuta in America come Frances Winwar. A lei si deve la scoperta delle rime di Tusiani, lei, siciliana d'origine, coltiva la passione per la poesia del giovane Joseph insieme ad un amore profondo spezzato dagli anni tanti - che li separavano anagraficamente e, tuttavia, li univano. Quella «Quinta stagione» riassunta in un libro del 1987 «Mallo e Gheriglio» di poesie inglesi tradotte in italiano. Winwar punta tutto su Tusiani : «Io spiega il poeta nel film documentario di Sabrina Digregorio - non sapevo cosa avrei fatto, certo volevo scrivere. Volevo scrivere come lei». Se oggi Tusiani è il più grande latinista e traduttore di opere classiche negli Stati Uniti, lo si deve anche all'impronta di Winwar, prima a tradurre in inglese il Decamerone di Boccaccio.

Nato a San Marco in Lamis, in provincia di Foggia, nel 1924, Tusiani si trasferisce a 23 anni negli Stati Uniti senza aver ancora conosciuto il padre emigrato quando aveva sei mesi. La vita nel Gargano è solitudine, povertà, sempre vicino alla madre sarta. Nel piccolo cresce il mito del padre mai conosciuto, il mito del bambino con «il padre di carta», visto solo in fotografia e tanto desiderato.

Frequenta il ginnasio presso gli istituti comboniani prima a Troia (in provincia di Foggia) poi a Brescia e a Venegono Superiore (in provincia di Varese). Un oscillare tra nord e sud dell'Italia per compiere l'anno di noviziato in realtà mai completato. «Motivi di salute», recita il registro dell'istituto religioso bresciano. L'esperienza che lo porta a un passo dall'abito talare si esaurisce così. Joseph Tusiani completa i suoi studi liceali a San Severo, poi si iscrive all'Università di Napoli. Di quegli anni, nel secondo dopoguerra, ricorda sempre il viaggio come dimensione di fatica e conoscenza: si svegliava alle 2 di notte e raggiungeva la città sui carri bestiame.

Si laurea nel luglio del 1947 con una tesi sul poeta William Wordsworth, uno dei padri del naturalismo e del romanticismo inglesi. A settembre il fatidico incontro, il primo, con il padre, appena sbarcato, insieme alla madre, dalla nave Saturnia al molo 86 di Manhattan: «Nuova York, Nuova York. Ma dentro di me io dicevo mio padre, mio padre» ricorda Tusiani nella sua biografia «In una casa un'altra casa trovo» edita da Bompiani nel 2016.

Il padre appare figura centrale per Tusiani come il Gargano. Sono gli estremi del suo sogno. Il padre sogno della fanciullezza e della prima gioventù. Il Gargano, che oggi raggiunge ogni anno in primavera, la sua terra, sogno di vecchiaia. E coincide con la parola già nel primo lavoro newyorkese del 1948: «Petali sull'onda: poesie».

Tusiani non ha mai dimenticato l'Italia. Negli Stati Uniti deve fare i conti con la nuova terra, con la comunità di italiani e di sammarchesi presenti nel Bronx dove da subito inizia a lavorare come docente. Quando ancora «Manhattan ricorda - rappresentava qualcosa di magnetico: lo sprone delle mie attività intellettuali». Sono gli anni '50, gli anni nei quali il sogno americano raggiunge il massimo splendore, ma anche gli anni nei quali sulla cultura d'oltreoceano si allunga l'ombra del maccartismo, della «caccia alle streghe» contro i comunisti. Tusiani costruisce, invece, un percorso diverso. Decisivo, per la sua realizzazione negli Usa come scrittore e poeta, anche il difficile rapporto con il fratello più piccolo, «Maichino Dante», nato in America dopo il ricongiungimento dei genitori. Michael è il classico immigrato di seconda generazione, un «american of italian discendent» (come viene definito nell'autobiografia di Tusiani), nato da genitori italiani, ma cresciuto in America. Lui non vive, come Joseph, il distacco dalla terra madre (il Gargano) con sofferenza e non vive, pertanto, quello sdoppiamento, quella malinconia del poeta dei due mondi. Michael è l'esempio di integrazione nell'american way of life e lascia a Joseph nostalgie e malinconie che irrigheranno i campi della poesia.

Poi c'è la madre, emigrata di prima generazione, che si aggrappa visceralmente a quella Little Italy di New York per sentirsi ancora a casa, ancora legata alla montagna, San Marco in Lamis. La madre, però, esercita sul poeta un fortissimo ascendete che lo lega, ancora oggi, ultranovantenne, alla terra natìa.

Ma chi è veramente Joseph Tusiani? si chiede, in principio, il lavoro prodotto dall'Eurybia Films inquadrando l'anziano e inossidabile poeta tra le stradine del suo paese, San Marco in Lamis, in uno dei ritorni. Di certo un uomo che ha declinato diversamente il mito dell'emigrante di successo negli Usa: non denaro, non influenza politica, ma poesia. A cavallo di due mondi. «Incontrandolo l'impressione spiega nell'introduzione al film Furio Colombo - è quella di incontrare un albero con tutti i suoi rami e tutti i suoi frutti e quindi con la continuità che ha un albero piuttosto che una persona che si sposta. Raramente ho incontrato una voce in inglese così perfetta, piena e autorevole.

Il suo italiano non aveva le tracce della nostalgia e il suo inglese non aveva le tracce del nuovo arrivato».

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