Economia

«Fininvest scenda in Mediolanum»

In gioco c'è la quota oltre il 9,9%. Ma la holding: «Faremo ricorso»

Bankitalia torna alla carica e chiede a Fininvest di procedere alla dismissione della quota eccedente il 9,99% della propria partecipazione in Banca Mediolanum entro 18 mesi dalla comunicazione del provvedimento. Lo ha annunciato ieri la holding della famiglia Berlusconi che detiene il 30% di Mediolanum.

Il 25 ottobre scorso, sollecitata dalla stessa Bankitalia, anche la Bce si era opposta alla possibilità per Fininvest di mantenere più del 9,99% di Banca Mediolanum. Nel provvedimento della Vigilanza italiana preso martedì scorso si precisa che restano sospesi i diritti di voto sulla quota eccedente, richiedendosi anche l'astensione di Fininvest dalla partecipazione a sindacati azionari o patti. La holding presenterà ricorso.

Il 13 gennaio la stessa Fininvest e Silvio Berlusconi avevano fatto ricorso anche al Tribunale dell'Unione europea contro la decisione di Francoforte. Il contenzioso sulla partecipazione risale a ottobre 2014 quando Bankitalia, d'intesa con Ivass, aveva imposto a Fininvest la cessione della quota eccedente il 9,9% di Mediolanum in seguito al recepimento delle norme europee sui conglomerati finanziari e alla perdita dei requisiti di onorabilità dell'ex premier, condannato in via definitiva per frode fiscale. Berlusconi aveva fatto ricorso contro il provvedimento e il Consiglio di Stato lo aveva accolto. A seguito di un nuovo procedimento amministrativo istruito dall'istituto di via Nazionale - conseguente alla fusione per incorporazione di Mediolanum in Banca Mediolanum - la Bce a fine ottobre si era opposta alla detenzione di una «partecipazione qualificata» di Fininvest nella banca di Ennio Doris che ha comunque dichiarato di essere pronto a comprare dal Biscione il 5% di Mediolanum. Fininvest e Berlusconi hanno successivamente impugnato la decisione in tutte le sedi giurisdizionali competenti (Tribunale Ue compreso) e presentato due ricorsi (uno al Tar e uno al Consiglio di Stato, entrambi tuttora pendenti) nei confronti di Bankitalia che aveva istruito il procedimento con profili giuridici ritenuti dalla holding dei Berlusconi «del tutto infondati».

La lista dei ricorsi ora si allunga.

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