Cultura e Spettacoli

Ecco l'Europa senza onore che naufraga con i migranti

Il documentario della Redgrave sulle carrette del mare spiega il vuoto di potere con i versi di Shakespeare

Ecco l'Europa senza onore che naufraga con i migranti

da Cannes

«Avevano scelto una vecchia carcassa di battello/ non attrezzato, senza vele, senza albero, senza sartie:/ per istinto l'avevano già tutto abbandonato i sorci. / Quivi ci hanno imbarcato/ e ai nostri pianti solo rispose il mare/ e i sospiri ci rese il vento()/E come il mare ebbi sparso/ delle più amare lacrime, / un novello cuore si fede in me per sopportare quel che avverrebbe»

Il monologo di Prospero nella Tempesta scespiriana approda al Festival con Sea sorrow, il documentario fuori concorso di Vanessa Redgrave dedicato al problema dei profughi intorno al quale l'Europa rischia di esplodere. In quella «carcassa di battello» schifata persino dai topi è facile ravvisare i barconi e i gommoni dello scafismo più abietto, e nel «dolore del mare» l'altra faccia di quello che è il cinismo e la crudeltà umana.

Nobilmente retorico, in perfetto stile inglese, il film della Redgrave sceglie la via sommessa di chi racconta delle storie senza effetti speciali. Poche immagini di repertorio, un numero giusto di interviste e a far da filo conduttore il volto e la voce della attrice, bambina durante la Seconda guerra mondiale, ragazza quando negli anni Cinquanta i «diritti dell'uomo» vengono solennemente codificati alle Nazioni Unite affinché gli orrori di quel conflitto non abbiano più a ripetersi. Mezzo secolo dopo, dice la Redgrave, sembra tutto carta straccia e sono gli Stati, più che i singoli individui, a voltare la faccia dall'altra parte, come se questa marea umana in fuga sia un qualcosa che non li riguardi.

Attivista di lunga data per i diritti civili, la Redgrave racconta le pressioni dell'opinione pubblica sul governo inglese per risolvere il problema della cosiddetta «giungla di Calais», una vergogna francese di cui oltremanica si è stati comunque complici. C'è anche un riconoscimento per gli sforzi della Grecia nell'emergenza profughi della scorsa estate, e forse sarebbe il caso di riflettere sulla duplice incapacità della Comunità europea nei confronti di quella nazione: strangolata economicamente da un'assurda politica di rientro del debito, lasciata in quel frangente da sola a mettere su una sia pur minima politica dell'accoglienza.

Costruito inizialmente col racconto di alcune storie d'emigrazione approdate via mare nel nostro Paese, Sea sorrow preferisce in seguito concentrarsi sull'attivismo umanitario britannico, ed è un peccato perché se c'è una realtà che si presta a una riflessione internazionale sulla politica e sull'etica, è propri quella del Mediterraneo e di una nazione quale la nostra, ovvero da un lato l'impotenza o la non volontà di un intero continente per un problema che lo riguarda in toto, dall'altro con tutto ciò che in loco esso comporta: corruzione, criminalità, tensioni, paura.

Le nobili parole del Prospero di Shakespeare, recitate con struggente partecipazione da Ralph Fiennes, il «novello cuore» che permette di sopportare l'incerto futuro di quei viaggi della speranza, rischiano così di rimanere lettera morta, quando a esse non si accompagna un decisionismo politico degno di questo nome.

Girato in Grecia, in Italia, in Libano, nel Regno Unito e in Francia, Sea sorrow è, come dicevamo all'inizio, anche una meditazione personale della Redgrave, evacuata all'età di due anni dalla Londra bombardata degli anni della guerra, poi volontaria nell'aiuto agli ungheresi in fuga dal Paese dopo la rivolta del'56 schiacciata dai carri armati russi (la stessa Ungheria che mezzo secolo dopo si circonda di muri per evitare gli esuli altrui). Il film si avvale anche della testimonianza di Lord Alf Dubs, pari laburista, a sua volta ragazzino in fuga dall'Ungheria dopo l'occupazione nazista e nell'insieme è anche una toccante quanto asciutta indagine proprio su destino e sul dolore infantile, quei bambini che ci guardano con gli occhi tristi di chi non capisce come tutto ciò sia potuto accadere e continui ad accadere. I grandi, nella tragedia, sono se non altro più corazzati, anche se è una corazza che ogni due per tre va in pezzi

Se le cose resteranno così, quando si farà la storia di questo XXI secolo che oggi è ancora solo cronaca, quello che sarà raccontato è il naufragio senza onore di un continente.

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