Cronache

Hosni pubblicava su Facebook “in chiaro”, ma nessuno lo ha visto

Un profilo “in chiaro”, visibile a tutti, anche ai “non-amici”. Tutti i segnali di un possibile gesto violento

Hosni pubblicava su Facebook “in  chiaro”, ma nessuno lo ha visto

Poco meno di un mese fa, in relazione ad un’altra aggressione a una pattuglia di militari fuori della Stazione Centrale, fu detto su Occhi della Guerra che permettere a chiunque, immigrato o italiano che sia, di avvicinarsi indisturbato a un militare o a un agente ed aggredirlo significa dare un’immagine debole delle forze di sicurezza. Potenziali emulatori potrebbero quindi sentirsi invogliati a ripetere la cosa, magari con conseguenze più serie, tanto al massimo vengono respinti, contenuti, identificati. Ieri si è puntualmente assistito all’ennesima aggressione. Un soggetto italo-tunisino, Ben Yousef Hosni Ismail, con precedenti per droga, con genitori pregiudicati, non ha gradito il controllo da parte di una pattuglia mista di militari e Polizia ed ha pensato bene di aggredirli con un coltello da cucina che portava tranquillamente con sé. Ismail si aggirava da tempo in quella terra di nessuno che è diventata la zona di Stazione Centrale, come dimostrano alcune sue foto su Facebook e un precedente fermo dello scorso dicembre. Girava già armato? Difficile dirlo, perché se ieri non fosse stato fermato dalla pattuglia avrebbe continuato a passeggiare indisturbato all’interno della Stazione, mani in tasca e cappuccio in tesa, con tanto di coltello da cucina addosso. Dove stava andando? Del resto anche il profilo Facebook di Ismail, ora oscurato, ma ben chiaro a chi le informazioni le ha già raccolte, diceva molto. Un profilo “in chiaro”, visibile a tutti, anche ai “non-amici”. Tra il maggio e il giugno 2016 Ismail aveva pubblicato ben sette filmati della MS13- Mara Salvatrucha, una gang salvadoregna nota per la sua estrema violenza e che si è fatta anche notare a Milano in due occasioni, nel 2015 quando alcuni suoi membri assaltarono a colpi di machete il controllore di Trenord, Carlo Di Napoli, in risposta a un controllo sul treno alla stazione di Villapizzone e nell’estate 2016 quando altri mareros uccisero a coltellate un diciottenne albanese, Albert Dreni, incrociato sul tram 15 in zona Porta Lodovica. A settembre 2016 Ismail Hosni iniziava a pubblicare video dell’Isis, l’ultimo dei quali due giorni prima dell’aggressione.

Non è ancora chiaro con che dinamiche Hosni abbia abbracciato l’ideologia dell’Isis. Certo è che il passaggio in soli tre mesi dall’interesse per la MS13 a quello per l’Isis spinge a voler cercare un comun denominatore tra i due gruppi: la violenza. Del resto anche il gruppetto di mareros che nel giugno 2015 aggredirono con un machete Carlo Di Napoli lo fecero in risposta a un controllo, proprio come Hosni ieri. L’attacco era pianificato? Magari non lo era, però intanto Ismail Hosni girava armato e cosa avesse intenzione di fare con quel coltello, se non fosse stato prontamente fermato dalla pattuglia, resta al momento un mistero.

E’ però fondamentale porsi anche un altro quesito: com’è possibile che un soggetto come Ismail Hosni, già noto alle autorità, cittadino italiano, con precedenti penali, con un profilo Facebook in chiaro che mostrava da almeno un anno segnali di preoccupante aggressività, fosse libero di girare armato in un target ad elevato rischio come Stazione Centrale senza alcuna sorveglianza? E’ inoltre accettabile che fuori della Stazione Centrale sia tollerata una situazione di degrado e insicurezza di tali dimensioni, dove chiunque può nascondersi e delinquere? La presenza dei militari dovrebbe servire come deterrente? I fatti mostrano che non è così, non per il fatto della presenza in sé, ma semplicemente perché è necessario adeguare le misure preventive e di reazione al contesto di riferimento per poter effettuare un appropriato controllo del territorio e in modo da permettere ad agenti e militari di poter rispondere adeguatamente a determinate minacce.

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