Controcultura

I nuovi reazionari: ecco chi sono e perché vanno di moda

Conservatori, sovranisti, anarchici, «selvaggi»: giovani editori e autori lontani dalle vecchie regole

I nuovi reazionari: ecco chi sono e perché vanno di moda

Idee à la carte. Conservatrici, liberali, moderate, neocon, teocon. A scelta. Il menu offre solo cultura non conformista, senza additivi progressisti. Servitevi.

Nuovi reazionari crescono, e sono di moda: anagraficamente giovani e intellettualmente anarchici, laici e digitali, con tentazioni comunitarie e predisposizione social, tradizionali ma non tradizionalisti, autofinanziati e anti-statalisti, sono in opposizione permanente al sistema partitico e al pensiero di regime.

In Francia li chiamano Néo-réacs. In Italia il liberal-conservatorismo che fa tendenza è quello dei «nuovi reazionari». Cosa significa? Che reagiscono al pensiero unico, corretto e buonista. E provano a tracciare una nuova linea su temi come le libertà individuali, l'idea di Europa (non da rifiutare ma da ripensare), l'identità nazionale, il confronto di civiltà, la tecnocrazia... Nuovi conservatori che guardano indietro perché è l'unico modo per andare avanti, i «neo reazionari» ripubblicano gli irregolari del '900, ripescano maestri dimenticati, sdoganano eretici, (ri)lanciano filosofie antagoniste, bypassano la grande distribuzione, condividono in Rete interessi e contatti, creano circoli per autosostenersi, organizzano convegni, fondano think tank indipendenti dai partiti ma al servizio della Politica. Convinti che esista un mercato delle idee non conformiste e si possano pubblicare anche libri - incredibile... - che non passano per forza dalle pagine culturali di Repubblica e dallo studio di Che tempo che fa.

Quando, anni fa, la femminista d'antan Clémentine Autain, durante la trasmissione On n'est pas couché, diede a Eric Zemmour del «conservatore», incassò un secco: «Reazionario semmai. I conservatori siete voi».

E chi sono, e cosa fanno loro, i «nuovi reazionari» italiani? Si chiamano Francesco Giubilei, 25 anni e tre sigle editoriali. Sebastiano Caputo, 25 anni, Intellettuale dissidente. Tommaso Piccone, under 40, una storica casa editrice rifondata e una rivista accademica rilanciata. Francesco Ferri, già Presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria e ora animatore di un «Centro studi del pensiero liberale» fondato a Milano a marzo (obiettivo: elaborare proposte per la politica su temi come il welfare o la legge elettorale, e aggregare le forze più fresche dell'area liberale per preparare i futuri protagonisti dell'amministrazione e del governo).

Daniele Scalea, 32 anni e un «Centro studi politici e strategici Machiavelli», lanciato con tre amici sei mesi fa (grande attività sui social e YouTube, pubblicazioni in formato digitale, convegni organizzati alla Camera dei Deputati su globalismo e sovranità, fake news e relazioni transatlantiche, con lo scopo di intercettare l'emergere di un sentimento «sovranista» e farlo evolvere a un reale progetto di governo)...

Figli del futuro e custodi del passato, i «nuovi reazionari» alle spalle hanno le esperienze di editori non allineati come la Liberilibri di Aldo Canovari e Carlo Cingolani, cassaforte letteraria del pensiero libertario contemporaneo, o come Rubbettino, esempio di alta «editoria di cultura» partita dal basso, da una tipografia in provincia di Catanzaro a uno dei massimi centri di produzione di saggistica politica, o come la dinamica Piano B edizioni, specializzata nell'offrire alternative intellettuali alle nuove sfide del pensiero post-contemporaneo. E davanti hanno le battaglie culturali di domani, combattute iperconnessi e digitali - sfoderando le idee più affilate lasciateci dai maestri del pensiero di ieri. La contraddizione di essere conservatori, ma 3.0.

Francesco Giubilei è del 1992, di Cesena: è il più giovane editore italiano. A 16 anni, nel 2008, inventò Historica edizioni, per passione e per caso, poi, per progetto e per convinzione, ha aperto la Giubilei Regnani editore. È comproprietario dal 2015 con Daniele Dell'Orco di Idrovolante edizioni; ha ideato il Think tank Nazione Futura (www.nazionefutura.it); ha dato vita al quotidiano online Cultora da cui prendono il nome anche due librerie indipendenti, una a Roma e una che inaugurerà il 10 giugno a Milano... Le sue sigle hanno in catalogo 400 titoli, per 60/70 novità l'anno. «In Italia la parola conservatore è spesso confusa, per denigrarla, con la parola reazionario. Io mi sento un liberale che vive senza rifiutare le innovazioni irrinunciabili del futuro ma tenendo fermi i valori imprescindibili del passato. Quelli che mi hanno trasmesso, attraverso i libri che io ripubblico, i Longanesi, i Prezzolini, i Montanelli, ma anche Roger Scruton oppure Russell Kirk, il filosofo americano del quale ho acquistato i diritti per l'Italia del libro The Conservative Mind, del 1953, che tradurrò dopo l'estate». Ancora una volta: un testo di ieri necessario oggi.

Sebastiano Caputo è romano, anche lui del '92. Ha creato nel 2014 la casa editrice Circolo Proudhon, ora ribattezzata GOG (marchio ancor più giovane e dinamico in bilico tra conservazione e avanguardia - «Facciamo non solo libri, distanti anni luce dalle pubblicazioni da autogrill, ma anche poster, manifesti e opuscoli distribuiti gratuitamente nelle scuole, nelle università, nelle stazioni, ovunque vi sia qualcuno pronto a recepire il messaggio»). Soprattutto, però, nel 2011 ha creato la rivista online L'Intellettuale dissidente. «Dietro al sito internet che offre opinioni e inchieste che spaziano dalla cultura all'economia, esiste una generazione non allineata che legge, s'informa, si riunisce in circoli. Quelli di destra dicono che siamo di sinistra, quelli di sinistra ci considerano di destra. Raccogliamo consenso da chi a destra critica il capitalismo selvaggio e chi a sinistra ha abbandonato i dogmi del progresso. Forse il collante è un certo rifiuto per un Occidente che si professa libero ma che libero non è». Frequentato da lettori che hanno tra i 18 e i 35 anni, ma che pure avvicina gli over 50 interessati a un tentativo di riportare la cultura al centro della politica, l'Intellettuale dissidente accoglie, nel suo pantheon, i grandi nomi della rivoluzione conservatrice italiana del primo '900, da De Ambris a Corradini, e tutta la più bella cultura di destra: da Malaparte a Prezzolini... «Crediamo nell'egemonia culturale, per cui attraverso la nostra piattaforma facciamo informazione e formazione, spiegando ai nostri coetanei che solo costituendo una vera élite si possono ottenere risultati concreti. Il futuro è dalla nostra parte perché non abbiamo avversari seri. La generazione no-border è troppo impegnata in battaglie di retroguardia che spesso diventano carrierismi individuali, mentre quella cosmopolita ha abbandonato il gramscismo politico per riempirsi le tasche di quattrini gettandosi sempre più nella finanza, nella new economy manageriale tutta Erasmus e start-up».

Le start-up i conservatori le chiamano «radici». E così, nel novembre scorso, Luca Gallesi (da anni direttore della collana poundiana di Ares e della collana economica di Mimesis) ha fondato con un gruppo di giovani intellettuali la casa editrice OAKS, quasi un palindromo di kaos, ma che in inglese significa «querce»: libri che evocano robustezza, solidità e maestosità. Tutto quello che si oppone a ciò che è indistinto, liquido e confuso. «Pubblichiamo libri anticonformisti e Ribelli, come s'intitola la collana in cui sono usciti il nostro bestseller, Le fogne del Paradiso di Albert Spaggiari, e il nostro titolo più discusso, L'arte della rapina dell'ex bandito Francesco Ghelardini. La scommessa è quella di credere che, nel soporifero mercato editoriale, ci sia uno spazio libero per un editore irriverente». In sei mesi Oaks ha pubblicato una ventina di titoli, tra novità e riedizioni. «Abbiamo pazientato settant'anni, e deciso che era finalmente giunta l'ora di ripubblicare Mario Appelius, meraviglioso scrittore di viaggi, il nostro Conrad. Abbiamo sfidato il conformismo degli storici allineati con I vinti della Liberazione di Paul Sérant, unico testo dedicato alle epurazioni avvenute dopo il 1945 nei Paesi europei. E abbiamo irritato gli accademici con un'appassionante rievocazione della conquista normanna di Thomas B. Costain, Storia drammatica d'Inghilterra, lettura consigliata da G.R.R. Martin, l'autore del Trono di Spade». Fra i titoli in lavorazione, il Bernanos antimoderno de Lo spirito europeo e il mondo delle macchine, un autore «impresentabile», Mao Zedong, del quale usciranno gli scritti militari con il titolo La rivoluzione non è un pranzo di gala, e i Ritratti del coraggio di un inaspettato Kennedy conservatore... «I risultati sono soddisfacenti. Ma soprattutto abbiamo raggiunto lo scopo prefisso: épater le bourgeois».

E se c'è da scandalizzare, uno che non si tira indietro è Andrea Lombardi: editore genovese quarantenne che da dieci anni si dedica a ITALIA Storica, la casa editrice che, in maniera un po' anarchica prima e più mirata poi, ha 70 titoli pubblicati, quasi tutti nella nicchia storico-militare, specializzandosi nell'acquisizione dei diritti, traduzione e pubblicazione di alcuni tra i maggiori bestseller internazionali di storia, inediti in Italia. Come Tiger nel fango dell'asso dei Panzer della Wehrmacht Otto Carius (alle cui azioni il fumettista giapponese Miyazaki ha dedicato un manga), o Vittorie perdute, le memorie di Erich von Manstein, lo stratega di Hitler. Titoli che in lingua inglese sono pubblicati dalle consociate di giganti editoriali e si vendono in decine di migliaia di copie, mentre qui in Italia il «successo» è arrivare a mille... «Una nicchia, sì. Ma sfruttandola abilmente, proponendo titoli di qualità, rifuggendo dall'arma di distruzione di massa della grande distribuzione e passando per librerie specializzate e online, social compresi, per arrivare anche ai lettori under 25, ITALIA Storica è diventata un motivo di soddisfazione, morale e anche materiale». E una delle ragioni del successo, forse, sono proprio i lati negativi dell'editoria piccola e indipendente, in particolare nell'area della «destra»: la provincialità, il non accorgersi che esiste un mondo al di fuori delle vecchie zie di Longanesi e della lista della spesa di Drieu la Rochelle, il non vedere i libri che escono in altre lingue. «Sul mercato americano ci sono centinaia di titoli di saggistica interessantissimi, che spaziano dalla storia delle esplorazioni alla guerra fredda...».

Beh, chi non rischia di cadere nel provincialismo editoriale, è ad esempio la nuova Libri da bruciare, sigla indipendente fondata nel 2015 da un gruppo di amici e artisti emiliani - motto: «Pagine incendiarie per irriducibili del pensiero individuale» - che senza una rigida linea politica ma con tante sensibilità diverse, punta su bellissimi libri d'arte, di fotografia e immagine (come quello di Simone Poletti le cui opere, che si ispirano alla grafica di propaganda comunista e alle avanguardie del '900, illustrano queste pagine). Oppure la rinata Bietti: Tommaso Piccone aveva 32 anni quando, nel 2007, rilanciò la casa editrice già legata all'ala socialista di Forza Italia. Il suo progetto, presto realizzato, era: staccare la Bietti dal partito, pur restando in un'area liberale; alzare il tiro editoriale; andare a riscoprire gli autori che l'editoria «ufficiale» aveva trascurato: Eliade, Cioran, Pound... Oggi la nuova Bietti macina una ventina di titoli l'anno tra saggistica politica, la collana di cinema vivacizzata da un gruppo di giovani critici e quella di narrativa (tra fantascienza e fantastoria). Più una rivista gratuita di filosofia e letteratura, Antarès, che fa da tramite fra l'ambiente universitario di chi la scrive e il mondo «pop» di chi la legge, con numeri monografici su Charles Bukowski o Walt Disney. «Il nostro pubblico? Quando si parla di liberal-conservatorismo, si pensa sia quello di vecchi generali a riposo. E invece abbiamo un pubblico importante di trentenni: certi temi e certi autori restano attualissimi. E oggi, nello scollamento tra politica e società civile, stanchi delle risposte date dall'intellighenzia progressista quando si parla di banche, di immigrazione o di identità europea, molti cercano riflessioni altre nei libri di chi, in epoche e contesti diversi, ha vissuto situazioni simili. Dandoci risposte ancora utili».

La galassia della «nuova reazione» è ampia, frastagliata, dai confini irregolari. Mapparla è difficile. Culturalmente i temi dibattuti richiamano valori tradizionali e pensatori che ci ricollegano al patrimonio ideale della cultura conservatrice italiana e occidentale. Con un'attenzione però agli sviluppi contemporanei e alle espressioni non «convenzionali», contro la cultura progressista e politicamente corretta. La vera reazione, come dimostrano le forze vive che pulsano nell'universo «neo reazionario», non è - come si vuole credere - il rifiuto di ogni azione che prova a cambiare la società. Ma una continua replica, contraria, al mondo com'è di fatto. Guardando al passato.

Per ridurre il male del presente e per evitare che il futuro vada peggio.

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