Economia

Confindustria tace ma l'Ilva ha 2,2 miliardi di debiti verso le pmi

Il denaro di ArcelorMittal è sufficiente solo a rimborsare lo Stato, le banche e i dipendenti

Confindustria tace ma l'Ilva ha 2,2 miliardi di debiti verso le pmi

Se esistesse una Confindustria, o meglio se invece di farsi tanti convegni a Roma, si occupassero delle imprese, oggi ci sarebbe il finimondo per come è andata a finire la vicenda Ilva. Tutti si ricordano la timidezza con cui l'associazione degli industriali in un primo tempo reagì all'espropriazione dell'azienda dalla famiglia Riva. Con la sola eccezione di Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, il resto del mondo dell'impresa aveva quasi paura a mettere bocca nella vicenda. Ma allo scandalo, economico, si somma scandalo.

Partiamo da un dato di fondo. I commissari in tre anni hanno accumulato perdite (senza praticamente ripulire alcunchè) pari a tre miliardi di euro. Più o meno la stessa cifra che in diciassette anni i Riva avevano invece guadagnato. A ciò si aggiunga lo spegnimento di due altoforni, di cui il più grande difficilmente potrà venire riacceso. Meno altoforni, meno lavoratori. La cosa è semplice e drammatica. Sia chiaro, i commissari ci hanno messo del loro, ma tutto nasce dall'accanimento giudiziario. A proposito a qualcuno della Confindustria sembra normale che il procuratore capo, ora in pensione, che ha sovrainteso all'indagine oggi si sia candidato a Taranto? D'altronde i commissari, che sono avvocati, professori, economisti, se fossero dei fenomeni imprenditoriali avrebbero fatto gli imprenditori? O no? E invece in Italia si toglie un'azienda ad un imprenditore, senza neanche una sentenza di primo grado, e si affida a dei professionisti, che non si capisce per quale motivo dovrebbero fare bene un mestiere che non è il loro. La Juventus per vincere la Champions dovrebbe, con questa logica, sostituire i suoi giocatori titolari e mettere in campo una banda di giornalisti o muratori o impiegati di Confindustria. Che di calcio parlano assai.

Toc Toc, signor Boccia, illustre presidente della Confindustria e signora Panucci, sua direttrice generale, ci potete dare una risposta su un'altra questioncella. E soprattutto caro Boccia, proprio lei che ha una piccola azienda meridionale, con pochi dipendenti, ma che oggi gode di grande visibilità, perché non parla di una vicenda che tocca i suoi simili. Eccola. Gli acquirenti pagheranno 1,8 miliardi, tuttavia la quasi totalità di queste risorse (1,73 miliardi) andrà a rimborsare i creditori privilegiati, e cioè lo Stato, le banche, a soddisfare i cosiddetti crediti in pre-deduzione, i tfr dei dipendenti, gli stipendi dei commissari, dei consulenti, degli avvocati.

Per tutti gli altri creditori (ballano 2,2 miliardi di debiti dell'Ilva verso piccole imprese di ogni genere) restano a disposizione 70 milioni di euro, circa il 3% del totale. Boccia ha capito? Certo che ha capito. Ci potrà rispondere che così è la vita e la legge e che i creditori privilegiati si chiamano così non a caso. Però non stupitevi se i vostri associati si riducono al lumicino, se non vi pagano le quote, se il presidente della Confindustria di Taranto sembra Badoglio, tutti costoro potranno ritenere che a viale dell'Astronomia nessuno parli, grazie al fatto che nella cordata che ha vinto a Taranto c'è la potentissima signora Emma Marcegaglia, che ancora decide le sorti del palazzone dell'Eur.

Ma insomma, vi sembra normale che in un Paese dalla cultura antindustriale come la nostra, in cui tutti godono dalle sconfitte dell'impresa, e tutti presumono che l'imprenditore se ne approfitti, ebbene in un Paese siffatto, neanche l'associazione degli industriali, si indigni per questo mostro giuridico che è stato combinato a Taranto, e che metterà sul lastrico centinaia di padroncini (per noi il termine non è dispregiativo).

Ps Devo dire che una delle poche eccezioni a questo andazzo è rappresentata da Franco Debenedetti, che ieri sul Foglio ha avuto il coraggio di scrivere come l'esporprio dell'Ilva dai Riva sia derivato da«Terrorismo ambientalistico basato su rilevazioni e statistiche non sempre accurate e sempre contestate, che hanno portato all'indeterminatezza sul da farsi, dalla riduzione della produzione, al preridotto, alla richiesta (unica in Europa) di coprire i parchi minerari, un'area di 70 ettari, con quello che sarebbe stato il più grande edificio al mondo».

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