Cultura e Spettacoli

Sei sguardi dal ponte sul non senso del mondo

Sei sguardi dal ponte sul non senso del mondo

I Miller non vanno confusi: uno è Henry, lo scrittore scandaloso, il re del Sexus, l'altro è Arthur, il commediografo raffinato, quello di Morte di un commesso viaggiatore e che ha sposato Marilyn Monroe. Tuttavia del secondo Einaudi pubblica l'ultima raccolta di racconti, Presenza, ed è come se i due Miller si incontrassero, almeno in parte.

In Bulldog un ragazzino vive la sua prima iniziazione sessuale, ma dove Henry ci avrebbe scritto dieci pagine Arthur sfuma, da gentleman, e ne fa una storiella meditativa. Come d'altra parte nell'ultimo racconto che dà il titolo all'opera, dove, di fronte a una situazione di voyeurismo involontario (trovarsi nel sentiero di una spiaggia di fronte a una coppia che fa sesso) scatena una riflessione sull'idea di percezione corporea e psichica di sé e degli altri. Quanto possediamo degli altri solo con uno sguardo, percependoli? È possibile sentire più intimità nell'estraneità che in un incontro tra amanti? Anche qui Henry avrebbe tirato avanti venti pagine sulla scopata dei due estranei, Arthur si tiene distante, il punto è un altro, un erotismo rarefatto per una piccola indagine filosofica sull'incontro dei corpi e sulla mente che li tormenta, sull'essenza dell'assenza, avrebbe potuto scriverlo il giovane Marcel Proust. Ma ci sono anche racconti che avrebbe potuto scrivere Witold Gombrowicz, come Castori, nel quale l'uccisione di un castoro intento a tappare un buco per far tracimare uno stagno si trasforma nell'ossessione di conoscere le vere ragioni dell'attività dell'animale senza mai poterci arrivare, essendo ormai morto. Sapeva di far tracimare lo stagno oppure era mosso semplicemente dall'istinto di non sentire più il gorgoglio dell'acqua? Nell'universo umano e animale ogni azione ha un fine o ce ne sono anche di fini a se stesse?

Nell'eterogeneità dei temi, spicca il senso della perdita o dell'impossibilità di mettere ordine nel mondo. In L'esibizione un ballerino ebreo si trova nella situazione di dover rinunciare a uno spettacolo di fronte a Hitler in persona, perché è ebreo, appunto, e perché non capisce la ragione di tanta follia. La parte più interessante: rinuncia a malincuore, in quanto Hitler emana fascino e carisma. Ne La distilleria di trementina i protagonisti cercano invano di mettere su una fabbrica in una zona corrotta dal potere e condannata al declino.

Anche qui Arthur Miller è un po' Zola, e molto meno Henry.

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