Economia

Ultima chiamata per venete e Carige

Roma spera nella «colletta» delle big ma il tempo stringe. Martedì cda cruciale a Vicenza

Ultima chiamata per venete e Carige

Per le il sistema bancario italiano è suonata l'ora del redde rationem. L'elenco delle crisi aperte continua ad allungarsi: il Monte dei Paschi può guardare con maggiore fiducia al futuro perchè ha già raggiunto un accordo di principio con la Commissione Ue sulla ricapitalizzazione precauzionale da parte dello Stato ma deve affinare i dettagli del piano di rilancio (dalla cessione delle sofferenze agli esuberi) per ottenere il via libera definitivo. Poi c'è Carige rimasta per ora senza l'ad Guido Bastianini (martedì ci sarà il cda sul successore) perché sfiduciato dall'azionista di controllo Vittorio Malcalza dopo uno scontro al vertice che ha spaccato il board e che ora rischia di irritare la Bce in vista dell'importo del fabbisogno patrimoniale dell'istituto ligure al vaglio di Francoforte.

Ma la vera emergenza è a Nordest: entro giugno Bruxelles vuole chiudere la pratica aperta sulla richiesta di ricapitalizzazione statale di Pop Vicenza-Veneto Banca. Martedì si riunirà un cda cruciale a Vicenza, a cui potrebbe aggiungersi mercoledì quello di Veneto Banca. I consiglieri, e soprattutto l'ad Fabrizio Viola, aspettano risposte su chi metterà gli 1,2 miliardi di capitali privati chiesti dalla Ue perchè più passano i giorni e più i clienti scappano. Senza le condizioni per un intervento di sistema è possibile che i cda si rimettano alla Bce per valutare la miglior strada da intraprendere alla luce delle condizioni critiche in cui versano gli istituti. Il Tesoro ha intanto fatto tornare il cerino nelle mani delle banche più sane. E soprattutto in quelle di Intesa (che sempre partedì riunirà il cda) e dell'Unicredit oggi guidata da Jean Pierre Mustier che starebbe sondando la fattibilità di una «colletta» di sistema fuori dal fondo Atlante, uscito dalla partita dopo averci perso 3,5 miliardi. Le stesse due banche, ricordiamolo, avevano fatto emergere la crisi delle due venete abbandonando i rispettivi consorzi di garanzia per l'aumento di capitale e si erano dovute tassare per dare fondi proprio ad Atlante.

Ciascuno dei big ripete il mantra «io ci sto se ci stanno tutti», ricalcando le quote del Fondo di Tutela dei Depositi, ma il Monte è ancora convalescente e non può aprire il portafoglio versando una somma di circa 190 milioni, idem per Ubi che domani varerà sul mercato un aumento a 400 milioni. E anche il Banco Bpm non sembra disposto ad accollarsi l'ennesimo obolo nonostante lo spauracchio agitato dal governo degli 11 miliardi di perdite per l'intero settore del credito in caso di bail-in con il rimborso dei depositi garanti dal Fondo di Tutela.

Resta, intanto, sullo sfondo il riassetto del credito cooperativo. I due gruppi nati dalla riforma delle Bcc che fanno capo a Iccrea e Cassa Centrale dovranno affrontare mesi di fusioni e aggregazioni e pulizie ulteriori dei bilanci in vista dell'Aqr, ovvero la revisione degli attivi di primavera che verrà tenuta per la prima volta dalla Bce.

Mentre la Guardia di Finanza è tornata a fare visita a ChiantiBanca.

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