Economia

Intesa chiede garanzie sulle venete

Gros-Pietro: «Dipenderà dalle condizioni Ue». L'ipotesi di una lettera dei cda alla Bce

Camilla Conti

Chissà se è una coincidenza. Ma la Popolare di Vicenza ha deciso di riunire il cda cruciale per il destino dell'istituto, e anche per quello di Veneto Banca, proprio oggi 13 giugno. Anniversario della morte di Sant'Antonio da Padova, che nel 1231 promosse e ottenne la legge sui debiti: «su istanza del beato Antonio, confessore dell'ordine dei frati minori» il podestà di Padova Stefano Badoer stabilì che il debitore insolvente senza colpa, una volta ceduti in contropartita i propri beni, non venisse più imprigionato né esiliato.

Ai vertici delle due banche venete servirà forse un voto a Sant'Antonio per chiederne la grazia perché il tempo è agli sgoccioli e ancora non si sa chi metterà sul piatto l'obolo da 1,2 miliardi chiesto dalla Commissione Europea in cambio del via libera alla ricapitalizzazione precauzionale dello Stato. Non solo. A mettere pressione sul sistema bancario ieri ci si è messo anche il Fondo Monetario Internazionale: nel rapporto sulla missione in Italia da poco conclusa, lo staff dell'istituto di Washington rivede al rialzo il pil sull'Italia (+1,3% nel 2017) ma sottolinea che bisogna accelerare la pulizia dei bilanci delle banche perchè essa «rafforzerà la stabilità finanziaria e sosterrà l'intermediazione».

L'Fmi invoca dunque «strategie e target per la riduzione dei non performing loans ambiziosi e credibili» e chiede alle nostre autorità di vigilanza di estendere alle banche più piccole (attualmente sotto il controllo della Bankitalia e non della Bce) gli stessi obblighi di presentare piani ambiziosi e credibili di riduzione dei crediti deteriorati così come quanto richiesto agli istituti di maggiore dimensione. Auspicando infine che i gruppi unici che nasceranno dalla riforma delle Bcc (Iccrea, Cassa Centrale e gruppo Alto Adige) abbiano «con un certificato di buona salute, con una buona governance e redditività a lungo termine». Tradotto: le sorvegliate speciali aumentano e nessuno può sgarrare.

Intanto il «fate presto» dell'ad della Pop Vicenza, Fabrizio Viola, rischia di non tradursi in un'azione immediata. Tanto che fra le ipotesi sul tavolo, fatta salva l'estrema ratio di dimissioni di massa se la partita non dovesse sbloccarsi, c'è quella di una lettera alla Bce per chiedere come proseguire in mancanza di certezze sugli aumenti di capitale. Da Intesa Sanpaolo e Unicredit, cui il Tesoro ha passato il «cerino», non sembrano in arrivo soluzioni imminenti. Ieri il presidente di Intesa, Gian Maria Gros-Pietro, ha sottolineato che «ogni decisione dipende dalle condizioni che saranno poste dalle autorità europee», senza aggiungere dettagli. Ma la sensazione è che le big sane chiedano garanzie e non intendano veder salire il già salato conto da pagare nei prossimi mesi. Il dossier delle venete finirà comunque sul tavolo del cda di Intesa fissato per oggi: «Penso che se parlerà», ha detto Gros-Pietro.

Chi si è invece già sfilato dalla partita è il fondo Atlante insieme alle fondazioni azioniste. «Abbiamo messo 538 milioni, altro che una mano, ne abbiamo date due», ha detto ieri Giuseppe Guzzetti, patron dell'Acri e presidente di Fondazione Cariplo. «Intesa ha un ottimo ad che sa sempre cosa fare ed è sempre uno positivo sugli interessi del Paese», ha poi chiosato riferendosi a Carlo Messina. A Nordest, nel frattempo, si accendono ceri.

Sant'Antonio, pensaci tu.

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