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Gli amori del re e le arie di Mozart I segreti della Dogana della Portella

La struttura, che risale al '400, è di un consulente finanziario che passa il tempo libero a riportare alla luce un pezzo di Appia

Gli amori del re e le arie di Mozart I segreti della Dogana della Portella

Alberi da frutto a non finire nei giardini: melograni, mandarini, fichi, kiwi. Albicocche grandi come un pugno. Eppure, dietro: case rammendate o mai finite, raramente intonacate, balconi senza piani, fili a vista. Asfalto rovente, a est i monti Aurunci e Ausoni, pareti di roccia brulla, vipere e passiflora, a ovest il mare crea uno specchio al sole. La conca sotto Monte San Biagio, tra Fondi e Terracina, brucia come è sempre stato, tanto che questo luogo era definito un Passo, anche se non è montagna. È la Terra di nessuno: così sono stati chiamati per secoli questi quattro chilometri senza padroni, dove un regno finiva e ne iniziava un altro. Un pezzo di mondo che non era del Papa e non era dei Borbone, un confine che non era una striscia, ma un Nulla governativo dove tutto poteva accadere, largo tremila passi, mezz'ora di cammino a ritmo svelto, un quarto d'ora con i cavalli.

Roma e Napoli sono perfettamente equidistanti: 150 chilometri. Da qui per millenni sono transitati i più celebri viatores che hanno attraversato l'Italia, facendosi il segno della croce, perché era come la Bermuda, sapevi quando partivi e mai quando arrivavi. Secondo i diari dei Grand tour questa era la seconda stazione più pericolosa d'Italia dopo Radicofani, fucina di briganti. La porta che immetteva in questo Ade dei viaggiatori è perfettamente integra e ignorata: due torrette unite da un arco in travertino e mattoni, eretta su un insediamento del terzo secolo avanti Cristo. Sotto questo fortilizio, tra nubi di zanzare, ogni fine settimana un consulente finanziario dissotterra l'Appia antica.

La Portella è una Dogana fortificata a lato della statale, la moderna Appia, che collega il Golfo guardato dal tempio di Giove Anxur all'entroterra che conduce a Sperlonga. Tutti passano veloci, come se il transitus, luogo fatto per l'attraversamento, fosse un destino che permane tutt'ora. Ma qui in realtà tutto parla, si cammina su tracce dei sanniti e dei romani, si possono immaginare le notti in incognito del re Vittorio Emanuele e i suoi clandestini incontri d'amore, si può ascoltare, con un gioco di fantasia, una musica scritta da una mano piccola e geniale. L'unico che ha messo radici è Cataldo Papa, che si è trovato l'ex dogana borbonica in eredità. Non ha i soldi per ristrutturarla, ma intanto si dedica a raccontare a chi passa cosa nasconde l'antico passo della Portella, e a portare alla luce nel tratto su cui ha la proprietà il basolato, le grandi pietre con cui i romani tracciarono la più fenomenale via di collegamento tra Oriente e Occidente, l'Appia. La via voluta dal censore Appio Claudio qui arrivava e qui ripartiva. Cataldo sta aprendo il varco tra erbacce e terra verso settentrione. «Chiamerò un muratore. È un piccolo tratto, volendo in questa zona si potrebbero scoprire pezzi molto più ampi. L'Appia antica passa sotto il parcheggio della stazione di Monte San Biagio, per dire».

L'antica via brilla come un'apparizione dietro alle torrette accanto al nudo asfalto e alla piana di Fondi, un tempo palude malarica, ed è preceduta da una targa che rende omaggio a uno dei bambini più famosi del mondo, l'enfant prodige dell'Europa del Settecento: «Qui per Portella transitò il genio salisburghese Wolfang Amadeus Mozart per recarsi nel regno di Napoli». Da questa targa parte una meravigliosa storia di un padre e di un figlio di quattordici anni in viaggio per mesi in Italia, ma anche la storia del luogo. Costruita nella forma attuale nel quindicesimo secolo, la Dogana della Portella era sede di infiniti controlli di bagagli, pagamenti di dazi, versamenti di regalie, cambi di moneta, disinfestazione di lettere per la paura di contagi, perché qui - dopo i quattro chilometri da paura - si entrava nel Regno delle due Sicilie. E viceversa se ne usciva, per chi arrivava da sud, addentrandosi nella terra di nessuno lunga fino alla porta papale, chiamata dell'Epitaffio.

Dal 1901 la Dogana fortificata appartiene alla famiglia Papa, e ora a Cataldo. Fu donata in quell'epoca al bisnonno Luigi, costruttore , dall'allora proprietario, Enrico Amante di Fondi. Durante la belle époque era sede di ricevimenti di matrimoni. Poi divenne meta di feste giovanili fino agli anni Settanta. Cataldo ci accoglie in tenuta da lavoro e apre la porta della torretta in direzione del mare. Mura spesse, ragnatele, aria fresca, una scala conduce al piano superiore, dove si poteva dormire, collegato all'altra torre di identica geometria interna da un'ampia terrazza che svolgeva il ruolo di punto di avvistamento. Una ristrutturazione richiederebbe ben oltre il milione di euro. Per questo si pensa alla vendita, o all'«adozione».

«Qui il re Vittorio Emanuele si incontrava con una diciottenne». Racconti tramandati da generazioni, come la sosta del piccolo quattordicenne Wolfg, come lo chiamava il padre Leopold nelle lettere alla moglie durante la loro primo tournée musicale in Italia nel 1770. I salisburghesi passarono per due volte e probabilmente dormirono nella Portella l'11 maggio di quell'anno, dopo essere partiti da Roma in carrozza il 9 in compagnia di quattro frati agostiniani. Dalle lettere, si sa che il 12 maggio dormirono a Capua, andando a letto tardissimo dopo la cerimonia di vestizione di una dama.

Dopo un mese e mezzo sotto il Vesuvio, periodo in cui «il Wolfg è cresciuto a vista d'occhio», il viaggio di ritorno Napoli-Roma fu esaurito in 27 ore filate. Leopold si spacciò per «maggiordomo dell'ambasciatore imperiale» . All'arrivo, «il Wolfg si è seduto su una poltrona e ha iniziato immediatamente a russare e a dormire così sodo che io l'ho spogliato completamente». Ma il viaggio fu faticoso soprattutto per Leopold: durante quelle 27 ore un cavallo si imbizzarrì, la carrozza si ribaltò in avanti e Mozart padre, come scrisse alla moglie, trattenne «indietro il Wolfg con la mano perché non fosse catapultato fuori. Ma per la violenza dell'urto ho battuto il piede contro il ferro del parafango», ferendosi abbastanza gravemente.

Alla Portella, racconta Cataldo, pare che Mozart abbia anche composto musica. Durante il viaggio italiano scrisse numerose sonate, e si potrebbe accettare, in effetti, che un'ispirazione lo colse al confine del Nulla. Per ora raramente qualcuno si interessa a queste storie: «Ogni tanto chi vuole visitare il posto mi chiama sul cellulare», spiega il consulente finanziario poggiando il rastrello.

Per fine estate l'Appia riconquistata dovrebbe tornare a vista.

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