Economia

Veneto Banca, danni per 2,3 miliardi

È il conto per gli ex vertici. E sul salvataggio Padoan e Bankitalia prendono tempo

Veneto Banca, danni per 2,3 miliardi

Il danno «spaventoso» cagionato dagli ex vertici di Veneto Banca è stato quantificato in circa 2,3 miliardi. Si tratta di un conto a «tutt'oggi provvisorio e potenziale» secondo i consulenti dell'istituto di Montebelluna che sta notificando agli ex amministratori e sindaci in carica fino al 26 aprile 2014 l'atto di citazione relativo all'azione di responsabilità.

Se i nodi vengono al pettine in procura, quelli finanziari restano ancora tutti da sciogliere. Sul destino delle banche venete regnano l'incertezza e la confusione. Ieri pomeriggio nelle stesse ore sul tema del salvataggio di Pop Vicenza e Veneto Banca hanno parlato in tanti senza, però, fornire alcun chiarimento in più sul merito delle trattative fra Roma e l'Europa. Il ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, durante il question time alla Camera ha ribadito che non ci sarà bail-in, che senza l'ok di Bruxelles lo Stato non può salvare le venete con la ricapitalizzazione precauzionale perchè si tratterebbe di un «aiuto illegale». Quanto al negoziato con le istituzioni europee, «al momento non vi sono ulteriori elementi informativi». E la soluzione di sistema (con il coinvolgimento di Intesa e Unicredit) «non è, nè può essere, un'iniziativa pubblica» perchè si tratta di un possibile investimento «del tutto volontario» le cui valutazioni competono alle banche interessate. Insomma: sull'intervento statale il Tesoro passa il cerino alla Commissione Ue e su quello dei privati lo lascia nelle mani delle big del sistema. Privati che però, dopo aver teso una mano al governo, aspettano ancora di capire da Roma quale sia lo schema su cui cominciare a ragionare. Ieri l'ad di Intesa, Carlo Messina, ha fatto intendere di non aspettarsi novità per il weekend («Vediamo cosa determina lo scenario») sottolineando che «il governo sta lavorando per trovare una soluzione ma va anche considerata la complessità dei meccanismi che regolano le crisi bancarie».

Un messaggio più da colomba che da falco è intanto arrivato dal vicepresidente della Bce, Vitor Constancio, convinto che «l'instabilità finanziaria costi più di un salvataggio pubblico». Mentre qualche minuto prima il vicedirettore generale di Bankitalia, Fabio Panetta, aveva puntato il dito sugli «ostacoli di natura normativa, che possono e devono essere superati» a fronte di risorse stanziate dal governo «di gran lunga superiori a quelle necessarie per il risanamento». Tradotto, se i tempi si allungano è colpa delle regole Ue sulle risoluzioni bancarie. Tesi rafforzata dal governatore, Ignazio Visco che in un'audizione al Senato ha sottolineato come sul bail-in l'Italia sia stato «l'unico paese contrario quando si decise di anticiparlo di due anni». Dimenticando però le parole dell'allora ministro dell'Economia, nonchè ex direttore generale di Bankitalia, Fabrizio Saccomanni che aveva definito in quei giorni l'accordo un «buon compromesso» utile per «spezzare il circolo vizioso tra rischio sovrano e rischio bancario». Il problema è che mentre tengono banco dichiarazioni reticenti e rimpalli di responsabilità, le banche venete devono ancora essere salvate. Da chi, se dallo Stato o dagli istituti «di sistema», e a quale prezzo per i risparmiatori, nessuno lo dice.

Forse perchè ancora nessuno lo sa.

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