Cronaca locale

Così il terrore ha cambiato la vita

Così il terrore ha cambiato la vita

Poche palle. E soprattutto basta ipocrisie. Siano maledetti i terroristi (e aggiungiamo islamici, anche se qualcuno non vorrebbe) perché la vita ce l'hanno già cambiata. E cambiata eccome, perché ci hanno tolto il bene sommo dell'innocenza spensierata. Di quella gioia senza paura di bambini felici di ritrovarsi a cantare e a ballare. La festa dionisiaca che libera i sensi e lo spirito, verrebbe da dire ripescando categorie nietzschiane o più semplicemente l'elementare voglia di divertirsi tutti insieme nella piazza che diventa il luogo non solo simbolico per accogliere la comunità e cementarne l'identità.

Così non è più dopo le orride stragi e il sangue versato in nome di un dio che se è veramente giusto e misericordioso li deve far bruciare nelle fiamme dell'inferno. Quelle eterne. Perché solo un anno fa a Milano in centomila erano usciti di casa per andare in piazza Duomo a partecipare al concertone di Radio Italia. Partecipare e non semplicemente assistere, perché proprio questo è il senso più bello dei grandi eventi. O almeno lo era fino a solo dodici mesi fa, quando nessuno immaginava che per colpa del terrore islamico sarebbe arrivato il tempo dei divieti. E, infatti, oltre alla piazza Duomo strapiena, ad animarsi era tutto il centro zeppo di giovani e meno giovani felici di partecipare a un grande rito collettivo. Una messa laica officiata dalle star del pop ancora capaci di parlare al cuore di un grande popolo unito dalla semplice gioia di ascoltare la loro musica.

Non è stato così ieri a Milano, prova generale delle nuove disposizioni per la sicurezza imposte dal capo della polizia Franco Gabrielli a tutti i grandi eventi e di quelle del prefetto di Milano che ha fissato in 23.500 il numero massimo degli ingressi in piazza Duomo. Inevitabile, si dirà, soprattutto dopo quanto è successo a Torino dove il semplice panico ha provocato un disastro. Ed è questo il punto, è proprio nell'inconscio che i terroristi ci hanno già ferito, perché solo uno zainetto, un urlo più scomposto degli altri o magari un botto possono scatenare in noi il terrore. Come se fossimo già sfregiati nell'animo, senza bisogno di esserlo nel corpo. Sono bastati gli attentati a Nizza, Parigi o Londra per renderci tutti e in tutto il mondo vittime del terrore. Costretti a rinunciare al nostro diritto ad andare in centomila a un concerto. E con il tarlo che tutti questi divieti, limitando le nostre libertà, siano già una dolorosa resa ai profeti del terrore islamico. Quelli che insieme alla musica odiano anche la vita.

La nostra vita.

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