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Marroni, l'accusatore del Giglio magico sfuggito di mano al Pd

Il manager nominato due anni fa dall'allora premier ora è superteste contro i fedelissimi

Marroni, l'accusatore del Giglio magico sfuggito di mano al Pd

Fuoco amico. L'effetto spiacevole delle nomine di Renzi si ripete con Luigi Marroni, manager senese voluto dall'ex premier al vertice di Consip nell'estate di due anni fa, e che ora proprio il Pd di Matteo cerca di far fuori. Comprensibilmente. Perché l'amministratore delegato della centrale acquisti della Pubblica amministrazione è una bella grana per i dem e per il loro segretario.

È lui il superteste dell'inchiesta napoletana prima e romana poi su Consip. Quella che lambisce proprio Renzi, che ha il padre Tiziano indagato, come anche il braccio destro Luca Lotti e i vertici dei carabinieri. Proprio Marroni ha dato la stura al coinvolgimento «istituzionale». Raccontando olimpico ai magistrati che a dicembre scorso lo avevano convocato che sì, aveva fatto bonificare il suo ufficio dalle microspie, e che lo aveva fatto in quanto gli era stato detto in diverse occasioni di essere intercettato, e tra i nomi di chi gli aveva spifferato la notizia c'erano appunto l'amico di Renzi Filippo Vannoni, Lotti, il generale Saltalamacchia (capo della Legione Toscana dell'Arma) e il suo presidente in Consip, Luigi Ferrara, ora indagato pure lui.

Una svista, Marroni per Renzi. Un manager non politico che piace alla politica. Un non renziano che piace al Rottamatore, e come Matteo è stato scout. Ingegnere meccanico (laurea a Roma), cresciuto come manager nel privato (gruppo Fiat), fratello dell'ex direttore di Radiocor, Carlo, Marroni trova un trampolino politico con Enrico Rossi, assessore alla Salute e poi governatore dem in Toscana. E proprio con Rossi presidente della Giunta, Marroni, dopo una lunga esperienza da manager della Asl del capoluogo (con Renzi presidente della Provincia e poi sindaco di Firenze), diventa titolare dell'assessorato al Diritto alla salute nel 2012. Tre anni dopo Renzi lo nomina Ad di Consip, tra qualche scetticismo legato al curriculum che pare non mirato alla poltrona, al posto di Domenico Casalino, che non si aspettava la defenestrazione.

Sembra il coronamento di un lungo corteggiamento con il rottamatore, e la Consip finisce sui giornali perché finalmente lo Stato sembra aver imparato a risparmiare sulle forniture alle pubbliche amministrazioni. Diventa un caso esemplare, tra gli altri, la «gara» sulle siringhe per ospedali e Asl che, proprio mentre l'Ad va dai magistrati a inguaiare mezzo «Cerchio magico», sembra confermare la bontà della scelta di quel manager, con risparmi di centinaia di milioni di euro. Ma appunto, era già scoppiato l'incendio, con l'imprenditore partenopeo Alfredo Romeo intercettato mentre chiede aiuto al dirigente Consip Marco Gasparri per farsi largo nelle gare Consip. E da lì il coinvolgimento di Tiziano Renzi e poi le soffiate di Lotti e il pasticciaccio che finisce sui giornali. Ormai il ministro dello Sport e l'ex premier si staranno pentendo di non aver confermato come Ad Casalino.

E l'opposizione, Salvini in testa, urla al bavaglio e difende l'altro scout.

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