Economia

Il compassato uomo dei numeri che comincia a dare i numeri

All'Ocse difendeva l'austerità, al governo ha dovuto ingoiare i bonus renziani. E ora è al capolinea

Il compassato uomo dei numeri che comincia a dare i numeri

Se anche un tecnico compassato come Pier Carlo Padoan ha utilizzato un'esclamazione da trivio come «Oh Madonna santa, c...» all'ennesima domanda sulla proposta renziana di elevare il deficit/Pil al 2,9% per recuperare 30 miliardi, significa che la misura è stata davvero superata. Sono ormai tre anni e mezzo che il titolare di via XX Settembre, insediato in quella posizione dall'ex capo dello Stato Giorgio Napolitano per accontentare le pretese della corrente dalemiana (cui Padoan era contiguo), vive perennemente sull'orlo di una crisi di nervi. Ben dissimulata almeno fino a ieri giacché pochi ormai ricordano che il ministro quando era vicesegretario dell'Ocse era stato uno dei sacerdoti dell'austerità come medicina per la moribonda Grecia.

Ora provate a immaginare questo rigoroso esempio vivente di ordoliberalismo trovarsi a dover accettare come primo atto del suo ministero a elargire più o meno urbi et orbi il famigerato bonus da 80 euro per volere del suo presidente del Consiglio di allora, Matteo Renzi. «Oh Madonna santa, c...», avrà pensato dovendo in un sol colpo «buttare» 10 miliardi all'anno per una detrazione permanente che non figura nel catalogo delle sue opzioni di politica economica. «Ho una gran voglia di mollare, sto infangando trent'anni di onorata carriera», avrebbe confidato ai suoi familiari tre anni fa, stremato dalle continue frizioni con Matteo. Mentre uno studiava come effettuare la spending review partendo dai tagli alle detrazioni fiscali, l'altro lo costringeva a «ingoiare» mance e bonus vari. Mentre l'ottimo Pier Carlo andava a Bruxelles promettendo rigore sui conti e abbattimento del debito pubblico, l'altro proclamava a gran voce che il tempo dell'austerity era terminato e che ci voleva flessibilità. Figuratevi perciò che cosa avrà pensato leggendo le anticipazioni dell'ultimo libro di Renzi un economista che ha sempre proclamato: «Aumentare il deficit non porta più crescita».

Da quando a Palazzo Chigi c'è Paolo Gentiloni la situazione è complessivamente migliorata per Pier Carlo. Certo, le stilettate renziane sono diventate più dirette, ma alla fine è via XX Settembre che decide. L'Europa chiede la manovra correttiva? L'Italia fa la manovra correttiva e inizia a sterilizzare le clausole di salvaguardia aumentando la pressione fiscale (maggiori entrate per circa 5 miliardi), anche se Matteo protesta.

Questa strategia, tutto sommato, ha portato dei risultati: è stato chiuso un occhio sul salvataggio pubblico delle banche venete e del Monte dei Paschi. Certo, i falchi tedeschi vorrebbero un redde rationem, ma per ora la tregua regge e ieri l'Ecofin ha approvato il piano delle bad bank nazionali per gestire le sofferenze. Il ministro Padoan ha pure chiesto al vicepresidente della Commissione Dombrovskis una minore correzione del deficit strutturale (lo 0,3% del Pil anziché lo 0,8). La risposta di Bruxelles arriverà a breve e, secondo il ministro, sarà «coerente» con l'aspettativa italiana di uno sconto da circa 8,5 miliardi sulla manovra 2018. In fondo, è stato lo stesso Dombrovskis ieri a ribadire l'irrilevanza renziana in ambito europeo sottolineando che «la base di lavoro è il programma di stabilità presentato dal governo italiano, cioè il Def».

«Oh Madonna santa, c...», ha sbuffato Padoan. Che questa volta non vuole faticare a vuoto. Non a caso ieri ha chiosato Renzi da «forse futuro economista Ocse».

Un posto sicuro lui ce l'ha.

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