Cronaca locale

Avvelenò la madre: «Non è stato un omicidio»

Condannata a 4 anni la dottoressa che voleva morire con l'anziana. «Fu aiuto al suicidio»

Non ha ucciso sua madre, l'ha solo aiutata nel proposito di smettere di soffrire. Si conclude con una condanna a quattro anni di carcere il processo di primo grado a Silvia Pasotto, il medico di 62 anni accusata dell'omicidio della mamma anziana e invalida.

Il pm Giovanna Cavalleri aveva portato avanti l'accusa di omicidio volontario e aveva chiesto una condanna a 14 anni. Mentre la Corte d'assise, presieduta da Giovanna Ichino, ha derubricato il reato ad aiuto al suicidio. I difensori della donna, Alessandra Silvestri e Francesco Genovesi, nei prossimi giorni ne chiederanno la scarcerazione dopo otto mesi di cella. La tragedia nell'appartamento di via Grigna, zona Monte Ceneri, in cui la dottoressa viveva con la madre di 82 anni, Natalina Carnelli. La sera del 24 settembre scorso Silvia Pasotto prepara un cocktail di farmaci per sé e per l'anziana, con l'intenzione di farla finita insieme. Lascia anche alcune lettere con le proprie motivazioni. Natalina, debilitata dalla malattia, muore. Silvia, da tempo depressa, le sopravvive e viene arrestata. Fin da subito dirà: «Ogni giorno mia madre mi chiedeva di compiere quel gesto». L'inchiesta e il processo sono stati un lungo racconto di solitudine e disperazione.

Alla lettura del verdetto l'imputata è apparsa emozionata e stupita. Nella requisitoria il pm aveva sottolineato che quello del 24 settembre 2016 era stato «un omicidio-suicidio riuscito a metà». Non c'era, ha spiegato in aula, «avversione dell'imputata verso la madre. Tuttavia siamo di fronte a un omicidio volontario. Non si tratta infatti di omicidio del consenziente (fattispecie meno grave, ndr), in quanto manca il cosiddetto consenso valido della vittima. Non abbiamo cioè la prova che Natalina Carnelli abbia dato il consenso a essere uccisa. È la sola a figlia a riferire tale volontà. In casi come questo prevale il personalissimo diritto alla vita. Fu il medico a decidere per entrambe». Cavalleri, ammettendo l'esistenza di «un pesante aspetto umano e di una reale sofferenza» della dottoressa ha chiesto le attenuanti generiche (poi concesse). La difesa aveva sollecitato l'assoluzione. «Silvia Pasotto - ha detto l'avvocato Silvestri - collezionava quadrifogli portafortuna, simbolo della sua voglia di lottare per vivere. È stata sua madre a spingerla a mettere fine alle loro esistenze».

CBas

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