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Spari e morte sulla Spianata delle Moschee

Tre palestinesi ammazzano due guardie israeliane. Poi vengono abbattuti

Spari e morte sulla Spianata delle Moschee

Gerusalemme - Alle sette di mattina la guardia di frontiera che sorveglia l'entrata sulla spianata delle Moschee vicina alla Porta dei Leoni, è abituata, specie di venerdì, all'andirivieni dei musulmani nel loro giorno santo della preghiera. Era imprevedibile un attacco così sofisticato, che addirittura salta fuori dalle Moschee stesse, si avventa sparando alla schiena con armi automatiche sulle guardie, e riesce a ferirne a morte due prima che i tre terroristi vengano fermati col fuoco, non prima che uno di loro riesca a lanciarsi di nuovo con un coltello sui poliziotti. Una scena che rischia per la sua complessa ma evidente simbolicità di dare fuoco a tutto il Medio Oriente e oltre: Al Aqsa, il cui santino troneggia in milioni di case arabe, è per l'Islam il terzo luogo santo dopo la Mecca e la Medina, quello da cui si involò Maometto sul cavallo Al Buraq; ma questo è ancora poco rispetto a quello che avevano certo in testa i tre terroristi palestinesi.

Di nome tutti e tre Muhammad Jabarin (le omonimie qui sono molto comuni), uno di 29 anni e due di 19, vengono dalla Umm el Fahem, cittadina israelopalestinese, patria di Ra'ed Salah, fondatore e capo di un movimento islamista filoterrorista ormai fuori legge; chissà se la loro complessa operazione che presuppone armi, spostamenti, allenamento, coordinazione e segretezza nasce con l'intervento di Hamas o dell'Isis o degli Hezbollah. Chissà se aveva complici nel clero dentro le Grandi Moschee.

Di certo quello che gli ha bombardato il cervello è la litania iniziata da Arafat per cui «le Moschee sono in pericolo»: gli ebrei sono dei mostri, dei crudeli occupanti che nonostante abbiano, subito dopo la Guerra dei Sei Giorni, e questa è storia, affidato la Spianata a una gestione del tutto giordano-palestinese, vogliono schiacciare la fede islamica, e distruggere Al Aqsa. Gli uccisi dai terroristi sono due poliziotti drusi, Haiel Sitawe di 30 anni del villaggio di Maghar, che lascia moglie e un figlio neonato, e Kamil Shnaan di 22 anni, che era il figlio di un membro del Parlamento socialista, Shachiv Shnaan. Questo rende la vicenda ancora più bruciante, è inenarrabile in poche righe il grande sforzo di integrazione che la comunità drusa, nobile e austera, sa compiere per Israele. Ed è molto triste e imbarazzante per Israele cercare di mantenere la libertà di culto per tutti mantenendo lo status quo di Gerusalemme che prevede controllo e dominio religioso intoccabile del Waqf, palesemente aggressivo.

Ma subito il premier Netanyahu, raggiunto ieri da una rara telefonata di condanna dell'accaduto da parte di Abu Mazen ha assicurato che lo Status quo non si tocca. È facile immaginare che la telefonata di Abu Mazen sia stata soprattutto dettata dalla preoccupazione che la bomba islamica gli scoppi in mano. È anche probabile che i giordani, che ci tengono ai rapporti con Israele e temono gli islamisti, e forse anche qualche telefonata dall'Arabia Saudita possano aver spinto il leader dell'Autorità Palestinese a parlare col premier israeliano. Una momentanea chiusura della Spianata e l'arresto (già seguito dal rilascio) del mufti Mohammed Hussein sono state mosse obbligate. Si aspetta il giorno dopo, con una sola decisa mossa di deterrenza: lo smantellamento delle «tende del lutto» delle famiglie dei terroristi.

Servirà a qualcosa tanta prudenza? Servirebbe solo se si fermasse l'incessante glorificazione del terrore che ha un contenuto ben concreto: il pagamento di un cospicuo stipendio ai terroristi in prigione e alle famiglie degli shahid. Qui Abu Mazen è cristallino: la richiesta del governo Trump, che minaccia di tagliargli i fondi se non smette, per ora è stata rifiutata con toni chiari.

In queste ore impazza sui social network l'esaltazione dei supershahid che hanno scelto di morire sulla Spianata di Al Aqsa, il massimo delle aspirazioni del jihadista: «Il mio sorriso domani sarà più radioso con l'aiuto di Allah» ha scritto uno dei terroristi in un post su facebook. Al Jazeera ha comunicato l'evento così: «Almeno tre palestinesi uccisi da spari in Città Vecchia».

«Fake news» pericolose davvero.

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