Cronache

Il catamarano dei record prigioniero del Po in secca

Silly Cat, nato per solcare l'Atlantico, è bloccato in bacino a Cremona. Manca l'acqua per vararlo

Il catamarano dei record prigioniero del Po in secca

Silly Cat è nato per solcare l'Atlantico: ed è bloccato a Cremona. Quattordici tonnellate di resina e tecnologia che dovevano raggiungere il mare navigando lungo il Po sono inesorabilmente ferme in riva al grande fiume, trasformato in ruscello dalla siccità che arde la Penisola. Al più grande catamarano mai costruito in Italia basterebbe un metro d'acqua per scivolare verso l'Adriatico. Ma appena svoltata l'ansa di Cremona, di acqua nel Po ce ne sono settanta centimetri scarsi, un placido canaletto che si può guadare a piedi dall'Emilia alla Lombardia. Se Silly Cat si avventurasse fin qui, finirebbe arenato senza scampo. Così se ne sta chiuso in bacino, a finire gli ultimi lavori e a scrutare l'orizzonte, sperando in una pioggia che sembra non arrivare mai.

Nelle tante storie dell'estate 2017, anno della grande arsura, quella di Silly Cat evoca orgogli e fantasmi. Di qua l'orgoglio del made in Italy, della tecnologia che per la prima volta produce un catamarano in grado di fare invidia ai saccenti francesi. Di là il fantasma del clima crudele, che una volta affoga e un'altra asseta. Ieri il greto del Po sputa sassi che arrostiscono al sole. Come farà, Silly Cat, a passare da qui?

Lo hanno costruito quaranta chilometri più a nord, a Salvirola, nei cantieri della Ice Yachts, ed è così grosso che per farlo uscire hanno dovuto tirare giù un muro, poi lo hanno issato su un camion che non finiva più e lo hanno portato al porto di Cremona. É il percorso inverso a quello che sedici anni fa fece l'S506 «Enrico Toti», il sommergibile della Marina Militare comprato dal museo della Scienza di Milano. Quell'anno il Po era pieno come una bella donna, il «Toti» risalì senza problemi il fiume dal delta a Cremona, e i guai invece iniziarono quando si dovette metterlo in strada, perché i professori del Politecnico giuravano che avrebbe sfondato l'asfalto e sarebbe ingloriosamente precipitato nelle fogne milanesi. Invece il «Toti» ce la fece, e oggi fa bella mostra di sè al museo.

Silly Cat deve fare il percorso opposto, dalla pianura padana al mare. In strada non ha avuto problemi, perché è più piccolo del «Toti» e non è fatto di ferro. Ma ormai da giorni se ne sta a mollo nel bacino di Cremona, in attesa che le acque risalgano. Non può aspettare all'infinito, perché l'8 settembre lo aspettano a Cannes per il Salone, e da lì passerà direttamente nelle mani del Paperone che lo ha ordinato e comprato. Per andare da Ravenna a Cannes bisogna fare il giro d'Italia, e va bene che Silly Cat viaggia a ventidue nodi e se ci dà dentro anche a ventotto, però prima o poi bisognerà partire.

Così Marco Malgara, il padrone della Ice Yacht che di questo slanciato bestione è l'orgoglioso papà, sta aggrappato alle previsioni del tempo. Preoccupato? «Eh sì». Dentro di sé Silly Cat ha la forza per cavarsela in qualunque tempesta e in qualunque bonaccia, compresi due motori che sono semplicemente quelli della Fiat 500 appena riadattati al mare, «perché sono affidabili e italiani». Ma per arrivare ad alzare i venticinque metri dell'albero, per dispiegare i centoventi metri di randa, insomma per dare modo al catamarano di fare il suo mestiere di catamarano, di una cosa non si può fare a meno, a dispetto di ogni tecnologia: del mare. E oggi il mare è un miraggio perso nella caligine dell'anticiclone, un illusione in fondo alla golene essiccate. Soli il Po può portare Silly Cat al mare.

E il Po deve salire, a costo di fare la danza della pioggia.

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