Economia

Pandora non scintilla più. Rallenta il lusso "low cost"

Il trimestre delude le attese sul gruppo. Titoli a picco Pesa la frenata del mercato Usa, dove nascono i trend

I ciondoli, ormai dovunque noti come «charm», potrebbero aver stancato. E per Pandora che ha fondato la propria fortuna vendendo a caro prezzo ciondoli di ogni forma con cui personalizzare braccialetti a seconda delle esperienze memorabili da portare sempre con sé, potrebbe essere un problema. Lo evidenziano i conti del trimestre del gruppo, tra i maggiori produttori al mondo nel settore, che gli esperti definiscono ben poco «charming», attraenti. La Borsa non perdona: ieri la maison è crollata del 13% sul listino danese (da inizio anno il titolo perde il 30%) e tratta orma a 11 volte gli utili, multipli simili a quelli delle utility più che dei gioiellieri rivali (da Tiffany, ad esempio, tratta a 25 volte circa gli utili) o dei grandi brand del lusso.

La società, nata a Copenaghen nel 1982 dalla gioielleria a conduzione familiare di Per Eneveldsen e oggi vera e propria public company (nessun socio ha una partecipazione superiore al 5%), tra aprile e giugno ha registrato un giro d'affari di 763 milioni di euro circa, in crescita del 12% ma meno delle attese degli analisti, e un utile di 148 milioni (da 157), al di sotto delle stime. A frenare sono stati gli Usa, mercato che rappresenta il 30% circa del giro d'affari della società. Nel trimestre le vendite americane sono infatti scese del 2% con uno scenario di riferimento ritenuto dalla stessa Pandora tutt'ora «sfidante».

Colpisce inoltre il dato relativo alle vendite di ciondoli che per Pandora rappresentano il 59% del fatturato: nel trimestre il miglioramento è stato del 6%, 5% se calcolato in valute locali, un valore dimezzato rispetto a un anno fa, mentre hanno registrato buoni tassi di crescita orecchini (+42%) e collane (+56%) che tuttavia sul fatturato hanno ancora un impatto modesto (5% del fatturato ciascuno). Finora la chiave del successo di Pandora è stata quella di una produzione a basso costo in Thailandia che ha permesso al gruppo di mantenere prezzi in media «accessibili» (tra i 39 e gli 79 euro) sui braccialetti in argento sterling, pelle o fibre tessili da comporre con una miriade di ciondoli che accendono la fantasia e rapiscono il portafoglio (i prezzi partono da 19 euro ma arrivano a 349 euro), facendo lievitare il conto finale dfel cliente fino ai prezzi dei più blasonati rivali senza quasi rendersene conto. In pratica un modello di vendita «Gilette» applicato ai bijou che tuttavia potrebbe ormai aver fatto la sua storia, almeno nel lusso. Tanto più che la rapida espansione della società ha portato i negozi Pandora in ogni angolo del mondo con 7.700 punti vendita in cento Paesi distribuiti su sei continenti e ha reso la percezione del marchio non più un sogno esclusivo da pagare a caro prezzo, ma una realtà alla portata di tutti.

Ieri a risollevare le sorti borsistiche del titolo non è bastata neppure la conferma da Copenaghen delle attese sul 2017: vendite comprese tra 23 e 24 miliardi di corone (3-3,3 miliardi di euro) dai 20,3 del 2016 (2,7 miliardi di euro) con una incidenza del margine operativo lordo pari al 38% del fatturato.

È quindi probabile che Pandora per mantenere le elevate promesse di crescita dovrà quanto prima decidere quale direzione intraprendere: mass market e lusso sono scelte difficilmente conciliabili.

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