Economia

Nuova mina per le banche. Sale il rischio "maxi-cause"

Nelle semestrali contenziosi in aumento, ecco le mosse di Unicredit e Intesa. I casi Mps, Carige e Banco Bpm

Nuova mina per le banche. Sale il rischio "maxi-cause"

Non sono solo le sofferenze a gravare sui bilanci delle banche italiane, che - come conferma l'ultima semestrale di Mps - devono mettere in conto anche quelle che in gergo tecnico si chiamano «litigation». Una coda velenosa che impone a ciascun istituto, come le altre società, di accantonare milioni per i contenziosi legali. E se in tribunale finisce male, le cause perse con i relativi risarcimenti vanno a impattare sul patrimonio e archiviate come perdite. Il problema è che i tempi della giustizia sono assai più lunghi di quelli della finanza e dei bilanci. È la sensazione che si ha scorrendo le ultime relazioni semestrali alla voce «rischi e contenziosi». Nella semestrale di Unicredit, ad esempio, si legge che al 30 giugno 2017 restano aperti circa 20.500 procedimenti giudiziari pendenti (diversi da quelli giuslavoristici, fiscali e attinenti al recupero del credito) nei confronti di Unicredit spa e di altre società appartenenti al gruppo. «In molti casi vi è una notevole incertezza circa il possibile esito» e «l'entità dell'eventuale perdita», sottolinea l'istituto di Piazza Gae Aulenti. Quando è possibile prevedere in modo attendibile l'entità dell'eventuale perdita e tale perdita sia ritenuta probabile, «vengono effettuati accantonamenti in bilancio nella misura ritenuta congrua secondo le circostanze e coerentemente con i Principi Contabili Internazionali». Ebbene, a presidio delle eventuali passività e costi che potrebbero scaturire dai procedimenti giudiziari pendenti Unicredit ha in essere, al 30 giugno, un fondo per rischi ed oneri pari a 1,27 miliardi. Il «petitum complessivo» riferito ai procedimenti giudiziari diversi da quelli giuslavoristici, fiscali e attinenti al recupero del credito è di 10,4 miliardi.

Dall'ultima semestrale di Intesa Sanpaolo si scopre che il gruppo guidato da Carlo Messina si è lasciato alle spalle due possibili grane legali. La prima con Alis Holding per «presunte responsabilità» nei confronti della compartecipata Cargoitalia (Alis aveva chiesto un risarcimento per 127,6 milioni) e la seconda (quasi al capolinea) tra Imi Securities Corp di New York e la Sec, la Consob americana. Un accordo che prevede però il versamento di 35 milioni di dollari (interamente accantonati). Nessuna novità, invece, in merito all'indagine avviata nell'ottobre 2016 dell'Antitrust Division del Dipartimento di Giustizia e relativa alla medesima area di business per una ipotesi di cartello tra alcuni broker. «Non vi sono aggiornamenti», recita la relazione. Dove si aggiunge anche che «nel corso del semestre non sono state instaurate nuove vertenze legali rilevanti».

C'è poi chi continua a fare i conti con le eredità del passato, frutto anche di fusioni fra istituti diversi. Come il Banco Bpm per cui le passività potenziali collegate a vertenze di natura legale, comprensive delle pretese il cui rischio è remoto, ammontano complessivamente a 2,26 miliardi di petitum. Le passività potenziali classificate come remote o possibili ma non probabili ammontano complessivamente a 1,9 miliardi, quelle classificate come probabili a 331,4 milioni e risultano essere coperte dagli accantonamenti stanziati nella voce altri fondi per rischi ed oneri altri per un ammontare complessivo di 141,6 milioni. Per Carige, invece, le grane sospese riguardano le cause agli ex presidente e ad, Cesare Castelbarco Albani e Piero Montani, oltreché ad alcune società del gruppo Apollo per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti alla cessione delle partecipazioni di Carige nelle compagnie di assicurazione. Ebbene: il totale dei fondi rischi e oneri riferibili al contratto di compravendita è stato alzato a circa 34 milioni.

Quanto a Monte Paschi i rischi legali occupano 8 pagine della relazione semestrale. A partire dagli 800 milioni di danni pretesi dai vecchi soci, tra questi Coop Centro Italia (85,5 milioni, oltre ai 51,6 reclamati dalla controllata Coofin).

Cui si aggiungono i 572 milioni danni ambientali legati alla gestione di Snia di cui Rocca Salimbeni era socia e chiesti dal commissario della società in amministrazione straordinaria e gli 106,8 milioni chiesti dalla Ragione Sicilia per inadempienze contrattuali.

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