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Jihadisti sì, ma per trovare una donna L'Isis vince dove il matrimonio è costoso

Nel mondo islamico le spose si comprano a caro prezzo. Il Califfo provvede

Jihadisti sì, ma per trovare una donna L'Isis vince dove il matrimonio è costoso

Far sposare un figlio maschio in Egitto arriva a costare in media l'equivalente di sette anni di risparmi di tutta la famiglia. In Arabia Saudita l'uso di acquistare le spose come da noi si farebbe con il bestiame è a tal punto invalso che il governo ha fissato per legge, per tenere sotto controllo i prezzi delle donne da maritare, dei tetti che non possono essere superati: 50mila rial (circa 11mila euro) per una vergine, 30mila (quasi 7mila euro) per una donna che era già stata sposata. Anche qui, non uno scherzo economicamente parlando: sono in molti a non poterselo permettere. Se poi scendiamo in Paesi davvero poveri come il Sud Sudan, dove una sposa si paga solitamente in vacche, la famiglia dell'aspirante marito deve mettere a disposizione di quella della futura moglie una mezza mandria, con prezzi che arrivano a 50mila euro.

Esempi come questi, tratti da uno studio apparso su International Security e intitolato «Il nesso negato tra il prezzo di una sposa e il conflitto violento», servono a evidenziare una verità di cui quasi nessuno parla: quella appunto secondo cui tra i motivi che spingono tanti giovani uomini in Africa, Medio Oriente ed Asia Centrale a diventare jihadisti c'è la difficoltà, che in molti Paesi è una vera quanto misconosciuta emergenza sociale, a trovare una donna. Se otto jihadisti su dieci sono celibi vorrà pur dire qualcosa.

Lo studio di Valerie Hudson (Texas A&M University) e Hilary Matfess (Yale) spiega che in Egitto si tenta sempre più spesso di aggirare l'ostacolo andando in cerca di donne straniere (ad esempio palestinesi) provenienti da culture islamiche dove l'uso di pagare le spose è meno diffuso. E documenta, con riferimento al Sud Sudan, che per molti giovani uomini l'unico modo per procurarsi il denaro necessario a sposarsi è diventare membri delle bande armate che devastano quel disgraziato Paese. Le organizzazioni terroristiche islamiche conoscono bene il problema, e agiscono in modo da trarne vantaggio. Ecco dunque che a Gaza Hamas combina matrimoni tra i suoi miliziani e donne rimaste vedove, pagando non solo il brideprice (prezzo della sposa) ma anche i festeggiamenti nuziali. Che in Nigeria Boko Haram - la sanguinaria milizia alleata con l'Isis e responsabile di stragi di cristiani anche nei confinanti Camerun, Ciad e Niger - rapisce donne cristiane per convertirle a forza e offrirle come spose-schiave ai suoi combattenti.

Senza dimenticare il cosiddetto Califfato, che tanti foreign fighters ha attirato tra le sue fila con la promessa concretissima di conquistare prede sessuali tra le prigioniere che fino a pochi anni fa venivano prese a migliaia nel nord dell'Iraq e in Siria. A Mosul e a Raqqa, «capitali» dell'autoproclamato Stato Islamico oggi in rotta, si potevano comprare schiave sessuali yazide, cristiane e non solo. Numerose testimonianze di donne sfuggite a questo orrore medievale confermano la brutalità che i «combattenti per la guerra santa» riservavano loro. Per chi non arrivava a tanto, lo Stato Islamico metteva a disposizione dei suoi affiliati in armi - secondo uno studio della Virginia Tech University - diecimila dollari per comprarsi una sposa e una luna di miele spesata a Raqqa.

Dove poi molti di questi sciagurati sono finiti a morire in nome del Califfo, naturalmente con le loro mogli al seguito.

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