Economia

A Carige serve un miliardo Mille dipendenti da tagliare

Il gruppo prevede il ritorno all'utile nel 2018, ma niente dividendi. L'ad Fiorentino: «Così voltiamo pagina»

Camilla Conti

Un piano per «voltare pagina», per «fare una completa pulizia», con la fiducia di potere «mettere la palla in buca» con «alcune condizioni dolorose».

L'ad della Carige, Paolo Fiorentino, ha usato queste parole ieri in Piazza Affari per presentare alla comunità finanziaria il progetto di rilancio dell'istituto ligure battezzato Transformation Program 2017-2020 che accelera sulla riduzione dei costi con l'incremento dei tagli del personale (circa mille unità nei prossimi tre anni) e delle filiali (121 in meno) raddoppiando i numeri stimati dall'ex ad Guido Bastianini. Ma che, soprattutto, ha come premessa un rafforzamento patrimoniale di oltre un miliardo: entro ottobre verrà varata un'operazione di liability management con l'offerta di scambio tra i bond subordinati in circolazione (circa 510 milioni di nominale) in mano a istituzionali (sono esclusi quelli retail) e un titolo senior. Chi li possiede potrà anche optare per la conversione in azioni nell'ambito dell'aumento di capitale da 560 milioni, di cui 60 riservati ai bondholder e il resto con diritto di opzione per gli azionisti.

Tra gli obbligazionisti c'è anche Generali: l'ad Philippe Donnet qualche settimana fa ha dichiarato che una conversione del bond Carige in azioni non è all'ordine del giorno della compagnia triestina. «La conversione in equity è opzionale e non obbligatoria» per i bondholder che «se lo decideranno potranno farlo nell'ambito dell'aumento», ha detto ieri il direttore finanziario dell'istituto genovese, Andrea Soro. Resta, dunque, da capire quale sarà la posizione del Leone su uno scambio da bond subordinato a senior proposto da Carige.

Quanto all'ultima riga di bilancio della banca, il piano stima il ritorno all'utile l'anno prossimo per 25 milioni, mentre a fine periodo sono attesi 146 milioni di profitti. Non sono invece previsti dividendi «perchè non lo abbiamo concordato con la Bce», sarà «una valutazione che faremo con le autorità e con i nostri azionisti», ha spiegato Soro.

Il mercato deve ancora «digerire» la strategia di Fiorentino: il titolo, che in mattinata è arrivato a guadagnare anche il 5%, ha virato in territorio negativo per poi chiudere la seduta con un -1,8% a 0,23 euro. Un primo segnale di fiducia è però arrivato dal socio di controllo, Vittorio Malacalza, seduto ieri in prima fila al fianco del presidente Giuseppe Tesauro. «Siamo convinti del piano per definizione, se no non saremo qua», ha commentato senza però sbilanciarsi sulla volontà della sua holding Malacalza Investimenti di sottoscrivere l'aumento di capitale. «Questo è un altro discorso», si è limitato ad aggiungere l'imprenditore genovese che si è battuto affinché l'aumento prevedesse il diritto di opzione per gli azionisti. La proposta «è stata percepita correttamente dal mercato come un impegno ad accompagnare questa fase della banca», ha commentato ieri l'ad aggiungendo che la differenza di posizioni con il cda «non ha creato shock» tra il management e la Malacalza Investimenti.

Lo si capirà meglio all'assemblea dei soci del 28 settembre che dovrà approvare l'aumento di capitale dopo aver ricevuto il via libera della Bce.

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