Cronache

Vietano il Duce e santificano Che Guevara

"Repubblica" beatifica il rivoluzionario argentino definendolo "romantico". Però si scorda i suoi crimini

Vietano il Duce e santificano Che Guevara

Se in Italia fosse in vigore una legge contro l'apologia del comunismo, il settimanale il Venerdì, allegato de la Repubblica, rischierebbe il ritiro dalle edicole. In copertina c'è il faccione di Ernesto Che Guevara con un titolo vagamente blasfemo: Dio Che. Il guerrigliero argentino, capo della rivoluzione cubana insieme con Fidel Castro, è definito «ultimo rivoluzionario romantico, leader discusso, icona pop, santino di una sinistra nostalgica». All'interno numerosi servizi. Il biografo Jon Lee Anderson spiega che Guevara dovette trucidare i nemici politici, mettendosi a capo dell'epurazione: la rivoluzione prevede la violenza. Ma quale ideale di giustizia animava Guevara? Questo non c'è scritto sul Venerdì. Per fortuna possiamo rifarci alle parole del comandante in persona. Si legge nel Messaggio alla Tricontinentale (1967): «L'odio come fattore di lotta - l'odio intransigente contro il nemico - che spinge oltre i limiti naturali dell'essere umano e lo trasforma in una reale, violenta, selettiva e fredda macchina per uccidere».

«Selettiva» ma non troppo. Nel 1959, Guevara dirigeva la prigione di La Cabaña, detta galera de la muerte. La rivoluzione era finita ma i processi sommari proseguivano. Fu proprio il Che a impartire disposizioni al tribunale: fucilare, fucilare, fucilare. Le stime parlano di 400 esecuzioni in meno di sei mesi. Anche questo però sul Venerdì non c'è scritto se non in forma molto edulcorata. Chi volesse informarsi davvero può recuperare Il mito Che Guevara e il futuro della libertà (Lindau, 2007) di Alvaro Vargas Llosa. Nel libro si documenta quanto fosse ampia la categoria del «contro-rivoluzionario» secondo Guevara. Oltre ai dissidenti, includeva omosessuali, cattolici, testimoni di Geova, sacerdoti afro-cubani e altri ancora. Lager per tutti.

Sul Venerdì troviamo un approfondimento sul Guevara economista. Appunti inediti aiutano a comprendere e rivalutare il teorico che mise in discussione i dogmi sovietici (dopo aver influenzato le scelte... filosovietiche). Chiudiamo il settimanale e riapriamo i libri di storia. Il collettivismo di Guevara poggiava su teorie come questa: «Le masse in lotta approvano la rapina delle banche, perché in esse non è depositato uno solo dei loro soldi» (lettera al suo subordinato Enrique Oltuski). Il Che ebbe in mano l'economia cubana, prima come direttore della Banca Nazionale, poi come ministro dell'Industria. Vargas Llosa: «Si verificò il crollo pressoché completo della produzione di zucchero, l'industrializzazione fallì del tutto e si dovette ricorrere al razionamento». La riforma agraria favorì i burocrati: le terre espropriate finirono agli uomini d'apparato. Fra il 1961 e il 1963 il raccolto si dimezzò.

Ci sarebbe da discutere anche sull'efficacia del guerrigliero «romantico». La spedizione in Congo alimentò una guerra civile permanente dagli esiti spaventosi, scatenando le varie fazioni pseudo-marxiste. In seguito la missione in Bolivia non fu di maggior successo. Il Che non capì di essere isolato. Gli mancava l'appoggio sia dei contadini sia del partito comunista. Catturato nella gola dello Yuro, fu ucciso il 9 ottobre 1967.

Gli accendini del Duce fanno paura al punto di spingere il Parlamento ad approvare una legge ad hoc. Invece un periodico patinato dedica la copertina a un assassino comunista e lo definisce «romantico» senza sollevare alcuna discussione. Niente di strano.

Per motivi storici, l'Italia è fondata sull'antifascismo ma non sull'anticomunismo. Per appartenere alla famiglia democratico-liberale, sarebbe invece necessario dissociarsi da tutti i totalitarismi. Nel nostro Paese non è così.

Per questo le credenziali democratiche della Repubblica sono dubbie, come confermato proprio dalle leggi che perseguono i reati d'opinione.

Commenti