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Millenium: "Nella sua quinta avventura Lisbeth viene anche torturata"

Il giornalista parla del libro "L'uomo che inseguiva la sua ombra", e si sta lavorando al quarto film della saga

Millenium: "Nella  sua quinta avventura Lisbeth viene anche torturata"

Quando Stieg Larsson iniziò a pensare alla sua Millennium Saga individuò nel personaggio dell'hacker ribelle, tatuata e piena di piercing Lisbeth Salander l'eroina ideale e per costruirla aveva in mente un modello ben preciso: «Cominciai - disse - a pensare a Pippi Calzelunghe. Come sarebbe stata oggi? Come sarebbe stata da adulta? Come l'avrebbero definita? Sociopatica?». Per poter costruire nuove storie con Lisbeth, a partire da Quello che non uccide (Marsilio, 2016), il giornalista David Lagercrantz ha dovuto misurarsi con questa idea di personaggio. Ma ha anche saputo reinventarla a modo suo, come accade in L'uomo che inseguiva la sua ombra (sempre edito da Marsilio e che Lagercrantz ha presentato ieri in anteprima a Pordenonelegge).
All'inizio di quest'ultimo romanzo troviamo Lisbeth rinchiusa nel carcere femminile di massima sicurezza di Floberga, in lotta per la sopravvivenza con alcune compagne di prigione. Difendendo una ragazza del Bangladesh, Lisbeth dovrà lottare con la gangster Benito Andersson che da tempo gestisce la vita e la morte delle carcerate. Alcuni documenti recuperati dal tutore Holger Palmgren costringeranno Lisbeth a indagare nel suo passato. «Quando mi hanno chiesto di proseguire la saga di Millennium spiega Lagercrantz - l'editore di Larsson mi ha convocato in maniera misteriosa in ufficio buio e senza finestre. Mi ha chiesto se me la sarei sentita di farlo. Io ho risposto subito di sì, ma un brivido sulla pelle mi segnalava che ora mi trovavo nella condizione di chi doveva scriverlo senza paura».


Come ha deciso di sviluppare i due romanzi che per ora ha scritto?
«Nel primo ho cercato di dare risposta al perché Lisbeth facesse l'hacker e avesse il soprannome di Wasp e per farlo ho costruito un'inchiesta che traeva spunto da un reportage giornalistico che avevo svolto io stesso tempo prima. Ne L'uomo che inseguiva la sua ombra ho invece spiegato perché sulla sua schiena è tatuato un drago. Su suggerimento del mio editore inglese ho visitato la cattedrale di Stoccolma e guardando il San Giorgio che uccide il drago che vi è rappresentato ho visto che lo sguardo del cavaliere che trafiggeva la bestia era inquietante. Così nella mia mente San Giorgio si è incarnato nel padre cattivo di Lisbeth e il drago ferito a morte è diventato sua madre che soccombe al marito. La stessa Lisbeth rinchiusa in una clinica dove uno psichiatra psicotico che la tortura mi è sembrata affine a quel drago che muore giustiziato».

C'è stato un top secret editoriale per custodire le trame dei suoi due libri, mentre li scriveva?
«In effetti sono stato costretto non solo a non dire nulla a nessuno delle storie, ma ho anche dovuto lavorare con un computer disconnesso da Internet per evitare che qualcuno leggesse i romanzi. In compenso ora posso dire che a Hollywood stanno realizzando l'adattamento di Quello che non uccide e che a interpretare Lisbeth Salander sarà Claire Foy, già protagonista del serial The Crown dedicato alla Regina Elisabetta II. Il ruolo di Mikael Blomkvist purtroppo è ancora top secret».

Ha usato gli appunti lasciati da Larsson sui romanzi ai quali stava lavorando prima di morire?
«No. Ho lavorato di pura immaginazione attingendo in parte per i personaggi e situazioni collaterali a inchieste che avevo fatto di persona. Per reinventare la mitologia di Millennium il mio approccio è stato un po' quello che ha avuto Christopher Nolan nello riscrivere le storie di Batman».

Quanto è cambiata ora la sua Lisbeth?
«È sicuramente cresciuta e ora so molte più cose su di lei e riesco a usarla meglio come personaggio. D'altro canto, gli adattamenti cinematografici che l'hanno vista protagonista hanno un po' calcato la mano sul suo aspetto punk...».

Come si è documentato per scrivere la parte carceraria del suo nuovo romanzo?
«Ho sempre amato e seguito con attenzione i prison movie, ma avevo bisogno di conoscere personalmente quella realtà. Così ho organizzato un incontro in una delle carceri svedesi più dure e affollate di criminali. Il clima di ostilità che ho percepito mi ha subito fatto capire che avevo trovato il registro giusto per la mia storia.

Se avessi fatto passeggiare liberamente Lisbeth per Stoccolma non avrei ottenuto lo stesso effetto che ho realizzato chiudendola in prigione accanto alla pericolosissima Benito Andersson, una donna capace di ucciderti ma anche di minacciarti per tutta la vita con il suo kriss».

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