Cultura e Spettacoli

Adieu Francia laica, Macron è il pastore del nuovo gregge

Secondo Debray, il presidente è lo specchio dei tempi che vanno verso un'etica "protestante" globalizzata

Adieu Francia laica, Macron è il pastore del nuovo gregge

Il protestantesimo, secondo Max Weber, incarnava meglio di qualunque altra religione lo spirito del capitalismo dell'epoca. Per Régis Debray invece, Emmanuel Macron, suo connazionale rappresenterebbe meglio di qualsiasi altra personalità politica l'etica protestante e allo stesso tempo lo spirito del capitalismo. Nessuno prima d'ora aveva osato spingersi così lontano eppure in Le nouveau pouvoir (Editions Le Cerf, pagg. 94, euro 8), il pamphlet di cui tutte le riviste francesi parlano in questi giorni, il filosofo e direttore della rivista «intellò» Medium è riuscito a costruire un'argomentazione coerente che sfugge dal campo dell'opinione. La presidenza del nuovo inquilino dell'Eliseo - si legge nel saggio di Debray - segnerebbe la fine di un mondo ma soprattutto il passaggio da una Francia laica e nei riflessi ancora cattolica, ad una «civiltà neo-protestante globalizzata» che si regge sul pilastro della trasparenza nella vita pubblica.

Di Emmanuel Macron si è scritto tanto durante le elezioni presidenziali: primo della classe, enfant prodige, ma anche incarnazione di un algoritmo, uomo marketing, pallone gonfiato dai mass media, lui che è riuscito a vincere con un partito neonato privo di radicamento sul territorio. Tuttavia la sua elezione, un vero e proprio «fenomeno civilizzazionale» secondo l'autore, va ben al di là del racconto meramente biografico (tanto è vero che Macron ha avuto un'educazione cattolica). Dietro ogni cultura c'è un culto sostiene Debray, che scava infatti nel retroterra filosofico del nuovo inquilino dell'Eliseo per capire lo spirito che lo muove nel tempo. C'è un periodo della sua vita considerato «marginale» dalla stampa internazionale che nel pamphlet dello scrittore francese non può passare inosservato. Prima di diventare il banchiere della famiglia Rothschild Emmanuel Macron è stato, tra il 2000 e il 2002, l'assistente personale di Paul Ricoeur, il filosofo cristiano protestante che lo convincerà qualche anno dopo a scendere in politica. Quando i due si conobbero grazie all'intermediazione del professor François Dosse di cui era dottorando il futuro presidente aveva solo vent'anni, frequentava Sciences Po e la facoltà di filosofia presso l'Université Paris X Nanterre, mentre Ricoeur era molto anziano e stava finendo di scrivere la sua ultima opera L'histoire, la mémoire et l'oubli (La memoria, la storia, l'oblio nell'edizione italiana). Questi due anni di insegnamenti e lunghe conversazioni lo influenzeranno a tal punto che la dialettica «ricoeuriana», fortemente marcata da valori protestanti, risorgerà in molti dei suoi discorsi presidenziali.

Non solo. Macron sembra l'interprete del «pensiero tensivo» teorizzato da Ricoeur, vale a dire della convinzione che gli opposti, lungi dal riconciliarsi, possano però correggere mutuamente gli eccessi. Se durante le elezioni Marine Le Pen faceva leva su una narrativa politica (di rottura) al di là della destra e della sinistra, anti-libertaria e anti-liberale, anti-europeista e anti-globalista, l'ex ministro di Hollande invece si è iscritto nell'immaginario dei francesi come uomo di destra e di sinistra, punto di congiunzione tra il progresso e la libertà, il mondo degli affari e la giustizia sociale, il liberismo e la solidarietà, la religiosità e la laicità. Ma l'etica protestante del «macronismo» si impone secondo Debray nel primato dell'immagine sulla storia, della forma sui contenuti, dei simboli sul programma, del digitale sul reale, del management sulla sacralità, così come nell'ipocrisia della purezza, eretta a virtù morale imprescindibile, nello spazio pubblico.

Le nouveau pouvoir sembra infatti la prosecuzione filosofico-politica del suo Civilisation. Comment nous sommes devenus américains (Gallimard, pagg. 232, euro 19), il saggio di sociologia apparso nelle librerie prima dell'estate che denuncia la sostituzione della cultura europea con quella statunitense. Se da un lato dunque l'opinione pubblica si piega alle logiche di mercato della grande industria culturale, dall'altro la classe politica riflette un modello che sta abbandonando quella dimensione trascendentale a discapito dell'ossessione puritana. È la ricerca di un consenso facile che sotterra la segretezza della ragion di Stato cara a Niccolò Machiavelli.

Così il saggio di Debray è una sentenza, Emmanuel Macron la consacrazione di una nuova civiltà en marche: da Gutenberg a Google, da Lutero a Ricoeur, dal capo carismatico al pastore neo-protestante che guida un gregge, di fatto, americanizzato.

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