Cronaca locale

Dentro la scuola-ghetto: "Fuori è anche peggio, il dramma è il quartiere"

Alle «Lombardo Radice» il record di migranti Per i genitori il problema è l'intera San Siro

Dentro la scuola-ghetto: "Fuori è anche peggio, il dramma è il quartiere"

Ludovico ha 49 anni e un figlio che frequenta la scuola di via Paravia. L'istituto è da anni al centro della cronaca come esempio di mancata integrazione: troppi stranieri iscritti, con conseguente calo della qualità formativa. Però per l'uomo, italiano sposato con una filippina, la scuola «è persino meglio di dove abitiamo, almeno qui ci sono brave persone: a casa nostra è meglio non uscire la sera, ho già chiesto il trasferimento quattro volte però niente. Questa, inutile negarlo, è una scuola per persone che hanno poco, ma almeno sono tutti tranquilli e c'è una buona convivenza».

Nella sua storia, e in quella di altri come lui, c'è un risvolto oltre il fatto che quest'anno ci siano 125 iscritti stranieri su 131: i genitori hanno paura a esporre le proprie critiche perché della Lombardo-Radice hanno bisogno. Hanno paura di creare questioni che poi possano causare un allontanamento dalla scuola: «Sa, molti sono poveri e con tanti figli - spiega una signora solo dopo aver avuto la garanzia dell'anonimato - se non possono mandarli qui è un problema». La donna ha una figlia in quinta elementare ed è stata spinta a parlare da alcune mamme meno coraggiose: "Il problema vero è che non ci sono insegnanti bravi: si rende conto che mia figlia non sa le tabelline? Sono costretta a pagare 50 euro al mese per le ripetizioni perché loro sono in ritardo - si sfoga sottovoce davanti ai cancelli - è anche cominciato l'anno senza l'insegnante di italiano, il problema non sono gli stranieri: anche io ho sposato un italiano, ma ho seguito delle scuole migliori».

Il quadro quindi non è tanto la mancata integrazione degli stranieri nella cultura italiana, ma dei poveri nella Milano sfavillante del post Expo. La Lombardo-Radice di via Paravia soffre da anni di carenze di investimenti, persino gli insegnanti migliori scappano. Pochi resistono, tra questi una docente particolarmente apprezzata dai genitori degli alunni; molti fuggono o rifiutano i trasferimenti lì per la fama di scuola di trincea ormai consolidata. Ma è una trincea in cui i superstiti combattono per mantenere un baluardo in mezzo a una periferia degradata come San Siro: le insegnanti rispondono a muso duro ai giornalisti e hanno il piglio da vecchio quartiere. Combattono una battaglia lontana dai palazzi scintillanti della nuova Milano che pensa a scoperchiare i navigli, mentre l'unica soluzione prospettata dal Comune sembra quello di accorpare l'istituto al Cadorna di via Dolci.

Pessima idea secondo Gianfranco Manetti, a capo dell'assemblea dei genitori di questa scuola che quest'anno ha registrato 145 alunni per 7 classi: «Noi non abbiamo problemi simili - spiega - perché anche qui abbiamo una maggioranza di studenti di origine straniera, ma grazie a uno sforzo collettivo la comunità funziona bene con molte offerte doposcuola che sono frequentate dal 77 per cento degli studenti». Il terrore di via Dolci è che l'accorpamento priverebbe la scuola di risorse necessarie a mantenere questo circuito virtuoso. Ma Palazzo Marino, sentite le osservazioni, aspetta di valutare la situazione nel complesso. Formula che sembra destinata a tirare la vicenda a sufficienza per il lungo, abbastanza perché le proteste si smorzino. Per l'Amministrazione se si attuasse l'accorpamento sparirebbe un buco nero dal proprio curriculum: i poveri che frequentano via Paravia finirebbero in una media con il Cadorna scomparendo dai radar. E non sarebbe necessario inventarsi qualcosa per offrire una buona scuola anche a chi è in fondo alla scala sociale. Trovare le risorse per dimostrare che nel nuovo corso milanese c'è spazio anche per gli ultimi non sembra una priorità per il sindaco Giuseppe Sala. Ludovico, con i tanti altri dai cognomi di origine araba o slava sono rimasti lì. Persino felici per quello che hanno, anche se sperano di non dover almeno pagare le ripetizioni alle elementari per i figli. La vita nella parte povera di San Siro è difficile: le case popolari, come denunciato tempo fa dal parroco del quartiere, sono state usate come sfogo per molte persone con problemi mentali oltre che come luogo di concentrazione di stranieri. L'effetto ghetto è stato rapidissimo, con il paradosso che nella stessa zona, superate poche vie, si entra in un quartiere da ricca borghesia.

Quella che non si vedrà mai in via Paravia.

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