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Le imprese: "No al codice antimafia Veniamo trattati come delinquenti"

Il presidente di Confindustria Boccia critica la nuova legge: «È incostituzionale ed è frutto della cultura antindustriale»

Le imprese: "No al codice antimafia Veniamo trattati come delinquenti"

Roma. «Con il nuovo codice antimafia si equipara l'attività degli imprenditori a quella dei delinquenti». Il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, presidente della Confindustria, intervenendo alla convention Euromed del Gruppo Grimaldi ha bocciato severamente la nuova legge che consente di applicare le misure di prevenzione per i reati di stampo mafioso, incluso il sequestro dei beni, anche a coloro che commettono atti di corruzione. «In questo Paese ogni mattina si deve combattere con una cultura antindustriale e iperideologica che, pensando di far bene, fa in realtà molto male al Paese intero», ha aggiunto il numero uno di Viale dell'Astronomia sottolineando che «l'impostazione del nuovo codice è un errore madornale che abbiamo denunciato a voce alta e non da soli, anche Raffaele Cantone, anche Sabino Cassese sono su questa linea».

Il presidente di Confindustria ha anche osservato che nel nuovo codice antimafia si possono rilevare anche profili di incostituzionalità. «Il punto di rottura si genera tra la realtà dei fatti e una visione della società anomala, in cui non si capisce cos'è un'impresa», ha proseguito evidenziando che «un imprenditore vive di reputazione, se lo rovini con la cultura del sospetto e della prevenzione non è che poi, quando lo riammetti al consesso sociale senza macchia, lo riabiliti in pieno, ormai lo hai comunque distrutto».

Infine un appello alla politica affinché ritorni sui propri passi. «Dover essere eroi per fare l'imprenditore non ci piace. Viviamo un paradosso, siamo il secondo Paese industriale d'Europa, eppure respiriamo una delle più forti culture antindustriali del mondo», ha concluso auspicando che in campagna elettorale non si danneggino demagogicamente «gli interessi collettivi reali».

È chiaro che l'unica speranza è in una resipiscenza di Matteo Renzi nelle prossime settimane. Il segretario del Pd, pur essendo contrario all'inasprimento delle misure anticorruzione, non ha di fatto esercitato nessuna moral suasion sui propri parlamentari per non esasperare ulteriormente il clima. Il codice antimafia è, infatti, una bandiera issata dalla sinistra (e da Repubblica) dopo lo smacco subito sullo ius soli. Le residue speranze di recuperare il rapporto con il mondo imprenditoriale sono affidate, perciò, alla legge di Bilancio 2018 non tanto (e non solo) in termini di decontribuzione per i neoassunti, ma soprattutto con l'approvazione di qualche norma emendativa che depotenzi la legge appena approvata.

«È un modus operandi che comincia a essere intollerabile a prescindere da ogni altra valutazione politica», ha commentato Enrico Zanetti, segretario di Scelta Civica, criticando la presa di distanza di Renzi nei confronti del ministro della Giustizia Orlando (fervente sostenitore del testo) dopo che il Pd ha approvato «ostinatamente e cocciutamente» la legge.

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