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il Punto

Dinanzi alla drammaticità di questa qualificazione, in preparazione all'odierno Gp della Malesia, la mente corre subito ai distacchi percentuali, per rendersi conto di quale portata sia stato il disastro del turbo recalcitrante. Pensate, 45 millesimi di secondo tra la pole-position della British-Mercedes di Hamilton e la Ferrari di Raikkonen valgono lo 0,05 % del tempo sul giro, ovvero la pratica parità dei valori tecnici. Quando tra il difensore del Cavallino, che pure è un uomo da pole, com'è stato nel maggio scorso a Monte-Carlo, e Sebastian Vettel esistono differenze oscillanti tra lo 0,2 e lo 0,3 % nei momenti migliori. Dunque, il sillogismo aristotelico assegnerebbe il primato al Numero 1 di Maranello, come fresca ripetizione di Singapore. Cioè una Ferrari che sarebbe stata in grado di partire davanti alla Mercedes d'Inghilterra, in uno dei confronti più significativi e determinanti di questa fase conclusiva del campionato del mondo. E la sostituzione del motore, proprio sulla macchina di Vettel, è la testimonianza di quanti sforzi siano stati compiuti per raggiungere tanta preminenza.

Purtroppo, un'arma a doppio taglio. Malauguratamente, una partenza dell'aspirante al titolo dall'ultima, proprio l'ultima posizione, con prospettive sfumate. Anche se a Sepang le possibilità di risalita sono reali, per la velocità nei due lunghi rettifili, oltre a probabili (tre nella passata edizione) regimi di Safety-car. E quel che è apparso positivo, nel corso di tutte le prove, è che la Ferrari, a parità circa di massima potenza, ha presentato una motricità equivalente, come ampiamente dimostrato proprio da Raikkonen. In quali termini? Attraverso queste velocità di punta: 298,6 contro 300,5 km/h in S1, 162 contro 159,5 km/h in S2 e 287 contro 287,3 km/h in S3.

Abbastanza, almeno, per una consolazione tecnica.

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