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Emanuelli? Bisogna partire da New York per rileggerlo...

Emanuelli? Bisogna partire da New York per rileggerlo...

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Emanuelli? Bisogna partire da New York per rileggerlo...

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Enrico Emanuelli nasce, attitudine alla solitudine e studi, sostanzialmente, da autodidatta, con le stimmate del narratore. Classe 1909, talento precocissimo: a 18 anni, nel 1927, pubblica il primo racconto, Il motoscafo della vittoria; a venti il primo romanzo, Memolo, per le edizioni de «La Libra», la rivista che ha fondato nella sua Novara, con collaboratori di lusso (Mario Soldati, Guido Piovene, Giuseppe Raimondi, Giacomo Debenedetti). La testa di Emanuelli ingolosisce Giuseppe Canepa, che assume subito il giovanotto a Il Lavoro, Genova. Il direttore ha un'intuizione: lo spedisce su una petroliera, in Russia.

Comincia da lì la carriera di Emanuelli, inviato speciale di stazza per La Stampa e poi per il Corriere della Sera. Ben prima di Tiziano Terzani, Emanuelli griffò, negli anni Cinquanta, una serie di reportage dall'Oriente prossimo ed estremo (Il pianeta Russia, Giornale indiano, La Cina è vicina) di nitida efficacia, profetici. Nel frattempo, traduce (Benjamin Constant, Julien Green, Stendhal, Raymond Radiguet, André Gide) e scrive. Per Eugeniio Montale «il suo romanzo più bello» è Settimana nera (1960), secondo quasi tutti gli altri è Uno di New York (1959), libro lucido, spigliato, rapido, all'americana pare anticipare i modi del minimalismo secondo Jay MacInerney che racconta il ritorno di Alessandro Enne, pittore di successo in esilio dorato negli Stati Uniti che ha voltato la purezza della vocazione artistica nell'esigenza di far soldi, nel suo paese d'origine, nella provincia italiana. La storia di questa sorta di incrocio tra Giovanni Boldini e Lucian Freud, svenduto, spossato, dal destino è ristampata da Interlinea, a 50 anni dalla morte dell'autore. Speriamo che ciò serva da stimolo per riportare in libreria il libro postumo di Emanuelli, stampato da Feltrinelli nel 1968, Curriculum mortis. Questa specie di ballata caustica annotata dall'autore è uno dei capolavori nascosti della letteratura italiana, scritto da un Corto Maltese con la Bhagavadgita nel taschino.

D'altronde, il nome di Enrico Emanuelli appare in tutti gli «strumenti» come uno dei protagonisti della letteratura italiana del '900.

Poi, il suo nome, in questa palude di tonti, è stato conficcato nell'oblio.

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