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Pressioni e manovre, arriva il soccorso rosso per imporre lo ius soli

Da «Repubblica» alle ipotesi sulla fiducia, parte la campagna sulla legge pro stranieri

Pressioni e manovre, arriva il soccorso rosso per imporre lo ius soli

Prima sì, poi no. Fiducia, non fiducia. «Non ce la facciamo», «ma non è ancora finita». Non è bastato che la sottosegretaria alla presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi, ponesse fine al balletto della politica sullo ius soli: «I numeri in parlamento adesso non ci sono». Con la ritirata dei centristi di Alfano la legge sulla cittadinanza ai figli degli stranieri nati nel nostro Paese sembrava definitivamente uscita dall'agenda di quest'ultimo scorcio di legislatura, stretto tra il sentiero impervio della riforma elettorale e della manovra economica. Ma poi, anche il presidente del Senato Pietro Grasso, ha riaperto le danze: «Se ce l'abbiamo fatta col codice antimafia, dobbiamo combattere anche per questo». Anche quella appena licenziata dal Parlamento che equipara i corrotti ai mafiosi, come lo ius soli figurava nell'elenco delle riforme da non tradire portato avanti da Repubblica.

Ed ecco che laddove non arriva una maggioranza parlamentare, arriva il soccorso della macchina della propaganda a favore degli 800mila potenziali nuovi italiani. Un esercito formato da intellettuali, ministri, sottosegretari, professori, giornalisti, politici, scrittori, attori, insegnanti, associazioni. Da Erri de Luca a Moni Ovadia, da Carlo Ginzburg a Massimo Recalcati, che ai contrari allo ius soli ha diagnosticato uno «status narcisistico dal rischio contaminazione». Via dunque agli scioperi della fame a staffetta, al cittadinanza day, che vedrà dopodomani davanti a Montecitorio il «movimento Italiani senza cittadinanza» e «L'Italia sono anch'io». E poi gli appelli da migliaia di firme i e manifesti, i richiami della Chiesa, con monsignor Nunzio Galantino che ha rinfacciato al Pd le unioni civili: «Si è trovato il modo di accelerare sui diritti delle coppie formate da persone dello stesso sesso, si dia almeno la stessa attenzione ai diritti di italiani senza cittadinanza». Interviste, indignazioni contro i «razzisti» che rifiutano la «battaglia di civiltà».

Un'onda mediatica che culmina nel digiuno a staffetta lanciato da 900 insegnanti in occasione dell'anniversario del naufragio di Lampedusa, il 3 ottobre scorso, a cui aderiscono il ministro Graziano Delrio, il sottosegretario Benedetto Della Vedova, i Radicali, i Verdi e una pattuglia di novanta di parlamentari. Ieri anche il sindaco Napoli Luigi de Magistris ha saltato i pasti in nome di «un dovere etico e di giustizia sociale», mentre pure il presidente del Piemonte Sergio Chiampiarino, con la sua giunta, annunciava lo sciopero. Una mobilitazione che fa dire al coordinatore di Ap, Maurizio Lupi che è il caso di «smetterla con queste pressioni, non siamo d'accordo che questa legge passi così com'è». Ma per aggirare l'ostacolo del no centrista, ci sarebbe già un piano B. Ed è messo nero su bianco in un elenco di 157 senatori a favore della riforma, compresi i verdiniani, stilato da Manconi. La fiducia non sarebbe più una forzatura così remota per portare a casa la legge, magari con i centristi fuori dall'aula. E non sarebbe certo la prima volta per Palazzo Madama. Open polis ha calcolato che dal 2013 a oggi non hanno raggiunto la soglia teorica di maggioranza 108 dei 348 voti finali al senato, il 31%.

Il via libera? È arrivato grazie a un alto numero di assenti al momento del votazione.

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