Cultura e Spettacoli

La «Battaglia dei Sessi» si rigioca al cinema

di Jonathan Dayton, Valerie Faris con Emma Stone, Steve Carell, Elisabeth Shue, Andrea Riseborough

Qualche lettore, magari, ricorderà La battaglia dei sessi. Nulla di peccaminoso o legale, come potrebbe far indurre il nome. Era il 1973 e con quel termine ci si riferì a due partite di tennis che opposero, nel giro di pochi mesi, Bobby Riggs, campione in pensione (aveva 55 anni), rispettivamente contro Margaret Court (la prima) e Billie Jean King (la seconda). Riggs aveva lanciato la sfida al mondo femminile, definendosi «porco maschilista» e affermando come, nonostante la sua età, fosse in grado di battere tranquillamente la miglior tennista donna in attività, a dimostrazione che le femmine non potevano pretendere, come accadeva in quei tempi, di avere stesso trattamento economico dei tennisti uomini (stava nascendo la WTA). Vinta la prima sfida contro la Court (all'epoca, numero uno), toccò alla King, icona del tempo, raccogliere il guanto di sfida di Riggs per un incontro che, il 20 settembre 1973, si svolse davanti a 30mila spettatori e venne visto, in televisione, da oltre 90 milioni di persone. Non vi anticipiamo come andò a finire per non togliervi il gusto della sorpresa. Il film racconta tutto questo e molto di più. Con il tono tipico della cinematografia dei due registi, Jonathan Dayton e Valerie Faris, si dà ampio spazio alla parte non sportiva, un melo dove i protagonisti vivono le loro storie sentimentali controverse. Riggs, scommettitore accanito, è in crisi con la moglie che, pur amandolo, non può stare con un eterno bambinone. La King, invece, sposata, scopre l'attrazione per il sesso femminile, finendo per innamorarsi della parrucchiera Marilyn Barnett (la cui relazione finì in tribunale), in un periodo nel quale era impensabile venire allo scoperto. Ecco, il melò prende troppo il sopravvento, togliendo spazio all'impatto non solo sportivo ma soprattutto sociale che quella storica partita ebbe sul paese. Ci si accontenta di raccontare gli avvenimenti senza approfondire o allargare lo sguardo, con poco coraggio, non sfruttando lo stato di grazia dei due bravissimi protagonisti, Emma Stone e Steve Carell (mai apprezzato abbastanza per il suo valore).

Un match ball sprecato.

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