Economia

Tim diventa pay tv, ma i fondi votano no

In cda l'accordo con Canal+ sui contenuti passa a maggioranza. Telecom avrà il 60%

Tim diventa pay tv, ma i fondi votano no

Anche se sono state riviste le quote (60% invece che 80 a Tim e 40% al posto di 20 a Canal+) l'accordo per la creazione di una joint venture sui contenuti tra le due società passa comunque a maggioranza (e non all'unanimità) nel cda di Tim convocato ieri a Roma.

L'operazione, che secondo l'ad Amos Genish dovrebbe costituire «un importante passo avanti nella strategia di convergenza tra telco e media», non convince gli amministratori espressi dai fondi. E non è bastato specificare che l'ad della nuova società sarà scelto da Tim. Per i consiglieri dei fondi spingere la società telefonica a impiegare risorse - si è parlato di circa 100 milioni - per la produzione, o l'acquisto di contenuti (diritti del calcio) è evidentemente un'idea sbagliata del management di espressione del socio francese Vivendi.

Ora, in attesa del prossimo cda sui conti (i 9 mesi) previsto per il 10 novembre l'attenzione si sposta sulla rete. Ieri il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ne ha nuovamente parlato dicendosi favorevole allo scorporo e alla quotazione della rete di Telecom senza l'intervento di Cassa depositi e prestiti.

«Sono per la societarizzazione della rete e per la quotazione in Borsa - ha detto Calenda - un passo finanziariamente positivo anche per Vivendi».

La società francese, primo azionista di Telecom con il 23,9%, è sotto scacco, dato che il governo ha deciso di esercitare il golden power che potrebbe portare a una multa per la mancata notifica del controllo sulla società italiana. Nel cda di ieri è emerso che Tim ritiene «che il ricorso verso la decisione sul golden power non sia una priorità, mentre lo è la piena collaborazione con le autorità per applicare la norma senza problemi dato che la compagnia telefonica condivide le preoccupazioni del governo sulla sicurezza. Tim tiene però monitorata la situazione onde evitare che il golden power «porti a ingerenze operative». Per gli analisti l'avvio di una relazione costruttiva con il governo è positivo. In questo modo si eviterebbe anche la concorrenza con la rete Open Fiber (di Enel e Cdp). Comunque ha spiegato Equita, «se Tim non si adeguerà alle prescrizioni entro 90 giorni, Vivendi rischia di subire limitazioni sul diritto di voto, fino all'obbligo di cessione della quota».

Quanto alla società per i contenuti potrebbe essere aperta anche a Mediaset. Il Biscione però non ha nessuna intenzione di trattare se prima non viene trovato un accordo (economico) con Vivendi sul mancato acquisto di Premium. Solo in quel caso (forse) potrebbe entrare con un 20% che farebbe scendere la quota di Canal+ al 20%, lasciando Tim in maggioranza al 60%. Una anomalia visto che nessuna Telco paga per produrre contenuti. L'intesa soddisfa ovviamente l'ad di Canal+, Jaques du Puy, che ha sottolineato come i contenuti della sua società hanno creato valore per altre telco, come Orange in Francia. «L'accordo inoltre ci permette - ha detto- di entrare nel mercato italiano della pay tv».

In Borsa Tim ha chiuso con +0,92%.

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