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Donne manager Come far carriera senza copiare i vizi degli uomini

Chiara Cecutti, esperta di coaching, racconta 12 tipologie femminili (aggressive, amate o fredde) e spiega come restare leader conservando la propria identità. Sapendo che ai maschi si perdona di più...

Donne manager Come far carriera senza copiare i vizi degli uomini

«La donna manager tende a fare bene l'uomo. Ma ha sviluppato la parte maschile a discapito di quella più femminile: bisogna modificare le asticelle». Chiara Cecutti, esperta di coaching (dieci anni di esperienza in azienda, venti in formazione aziendale manageriale) racconta che nei primi anni della sua professione lavorava soprattutto con manager uomini; negli ultimi anni invece sempre più spesso incontra delle donne manager. Così ha conosciuto «la realtà femminile di questo ruolo» e ha scoperto che, a livello generale, le tendenze sono due: «La prima è di frenare la carriera, perché la donna soccombe, o non ha la forza di andare avanti, per motivi familiari o di lavoro. La seconda, per contro, è quella che vede le donne vestire i panni degli uomini, non negli abiti, ma nella modalità». Manager, lavoratrici che sviluppano una leadership al maschile, tanto da risultare «più aggressive» degli uomini (o da essere percepite tali).

Per questo Chiara Cecutti ha scritto Quando il manager è donna (Hoepli), un saggio con esempi pratici e esperienze personali, il cui obiettivo è nel sottotitolo, ovvero «Come fare carriera senza trasformarsi in un uomo». «Sembra un'utopia, vero? - dice lei - ma se non ci proviamo...». Il problema del modello «maschile», per la donna (in carriera e non) è che «le viene sempre meno perdonato». Insomma: «Un uomo che alza la voce è accettato, ma le ricerche dicono che alla donna questo modello non viene concesso». La sfida è rendere al meglio nella professione «in quanto donna», anziché «nonostante»: «Sfruttare e scoprire le occasioni e le potenzialità delle nostre caratteristiche più profonde e femminili: e questo non significa essere mamme nei confronti dei colleghi o dei collaboratori, bensì essere morbide e ferme insieme».

Nel libro (che è anche un manuale, con suggerimenti e consigli per approfondire e cercare di risolvere le difficoltà in autonomia) Cecutti affronta dodici casi: donne di scontro e di mediazione, donne visibili e invisibili, donne fredde o relazionali, donne aggressive e assertive, donne temute o amate... Quali sono le caratteristiche più femminili alle quali ispirarsi? «La prima è l'empatia, fondamentale perché ci permette di comprendere meglio l'altro, di capire come interagire e comunicare al meglio. E ci permette - seconda caratteristica - l'ascolto attivo dell'altro. Terza è l'attenzione alla relazione, e non solo all'obiettivo; infine, la sensibilità. Il tutto senza sostituirsi a una figura genitoriale, perché non funziona nemmeno quello».

Altra caratteristica delle donne, però in questo caso da smorzare, è l'intransigenza, innanzitutto verso se stesse: «La maggior parte delle donne con cui ho lavorato richiedeva molto a sé, e questo sicuramente è uno dei motivi per cui sono diventate manager: perché sono più preparate, convinte e determinate. Però questa intransigenza si rivolge anche verso gli altri. È il momento di essere preparati, ma di accettare l'imperfezione, anche negli altri. Di essere empatici: più lo si è con sé stessi, più lo si è anche con gli altri». Ma perché le donne hanno sviluppato questo modello «al maschile»? «Perché negli anni hanno dovuto combattere molto, e mostrare la forza di ribattere all'uomo forte, per farsi strada: per entrare in azienda e fare carriera hanno sviluppato questo modello, che però oggi paga sempre meno e tarpa un po' le caratteristiche più femminili. Che invece, se ben integrate, possono favorirle».

L'intelligenza emotiva? È femminile e conta più del QI

L'intelligenza emotiva «ormai è sempre più importante del quoziente intellettivo, in azienda e non solo» spiega Chiara Cecutti. E questo vale in particolare per i manager: «Non è solo la gestione delle emozioni, ha anche a che fare con la motivazione e la buona gestione dei collaboratori». «Dal punto di vista potenziale non ci sono differenze fra uomini e donne, però di fatto l`intelligenza emotiva ha a che fare soprattutto con la gestione delle emozioni, l`empatia, l`ascolto». Quindi le donne, «se rimangono poi focalizzate quanto l`uomo», sono in teoria favorite.

Attente a non confondere assertività e aggressività

Nello sviluppo di una leadership «al maschile» può succedere che (soprattutto) la donna al lavoro confonda aggressività e assertività. La prima le viene poco perdonata, mentre la seconda è una caratteristica fondamentale. Spiega Cecutti: «La passività è la tendenza per cui la persona tende a non esporsi; l'aggressività, al contrario, c'è quando la persona tende a imporsi e ad alzare i toni. L'assertività è la modalità per cui una persona si esprime, ma con la giusta pacatezza e chiarezza, senza toni accesi. Ascolta e sa ascoltare, è ferma e morbida insieme».

Per lavorare in pace ci vuole un «marito evoluto»

Una componente fondamentale nella vita della donna che lavora è la famiglia. Secondo Cecutti è possibile conciliare famiglia (con eventuali figli) e carriera, ma serve «un marito evoluto» (definizione di una manager con cui ha lavorato, «che viaggia molto e ha tre figli»). Alcuni fanno «scelte inferiori in termini di carriera», per sostenere le compagne; altri invece sono a loro volta manager di successo: «Non ritengono affatto che, se le mogli stanno a casa coi figli, questi ultimi ci guadagnino. Pensano che, se le mogli sono soddisfatte al lavoro, daranno il meglio anche a casa».

Le chiacchiere senza fine che uccidono l'interlocutore

«Fluidità e scioltezza espressiva», come spiega Cecutti, sono capacità fondamentali sul lavoro. Però non devono tradursi in una «loquacità eccessiva»: persone - molte di sesso femminile - che parlano come un fiume in piena, a velocità travolgente, senza consentire pause o interventi all'interlocutore. Un problema che si risolve superando l'ansia di voler «dimostrare di sapere tutto», per essere considerate «all'altezza di ogni situazione»; a favore di quello che invece è definito «ascolto attivo», in cui si lascia spazio alla controparte e si interviene con domande che stimolano la comunicazione.

Seduttrici o seducenti? A chi comanda serve carisma

C'è differenza, spiega Cecutti, fra «l'essere volutamente seduttiva e apparire spontaneamente seducente». Una modalità di comportamento, la seconda, che si può identificare con il carisma; mentre la prima può sconfinare nella «manipolazione» e «comporta non pochi rischi per la donna in carriera» (e non solo). Anche perché può spingere colleghi e collaboratori a «non fidarsi pienamente di lei» e quindi «a non seguirla quanto necessario». Una confusione, quella tra tentativo di sedurre e essere seducenti, che deriva «da una scorretta interpretazione di doti e modalità tipicamente femminili».

Nessuno vuol cambiare ma a contare è l'obiettivo

Per migliorare le caratteristiche sul lavoro è necessario accettare di cambiare. Qualcosa che spinge a una resistenza quasi «naturale»: «Se ritenessimo che il nostro comportamento debba cambiare, allora lo cambieremmo...» spiega Cecutti. Che aggiunge: «L'80 per cento delle persone resiste al cambiamento», di qualunque genere, anche del percorso per andare al lavoro.

Ma quando si tratta di comportamenti sul lavoro - spiega - non bisogna confondere il piano dell'«efficacia» («in azienda si parla di comportamenti organizzativi») con un «giudizio valoriale»: insomma tutto dipende dall'obiettivo.

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